Digitale, quanto è profondo il gender gap. Ma il futuro è donna

10-08-2020 | News

Esiste una questione di genere anche nelle nuove tecnologie? A leggere l’ultimo rapporto dell’Unione Europea “Women in digital” sembra proprio di sì. Fra gli esperti di Ict, infatti, solo uno su sei è di genere femminile. E anche quando le donne lavorano nel settore, guadagnano in media il 20% in meno degli uomini. McKinsey nel suo studio “The future of women at work: Transitions in the age of automation” si spinge anche oltre.

È vero, secondo McKinsey, che a oggi appena il 14% dei professionisti dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico è donna, ma entro il 2030 fra 40 e 160 milioni di donne su scala globale dovranno spostarsi verso ruoli che richiederanno più competenze digitali. La diversa distribuzione occupazionale, infatti, fa sì che siano soprattutto le donne a doversi attrezzare per la transizione digitale in quanto il 52% dei lavori da loro svolti cambierà radicalmente per effetto dell’automazione e dell’intelligenza artificiale. Un processo che la crisi generata dal Coronavirus non ha fatto altro che accelerare.

Dalla scuola alle startup, il divario da colmare

In ballo ci sono circa 150 milioni di nuovi posti di lavoro. Opportunità concrete che potrebbero riequilibrare la questione di genere, a patto però che le donne sappiano riqualificarsi. Come? Investendo nella formazione. Già, perché è proprio questa ad aver alimentato il gender gap. Si pensi che in Italia appena 12 donne su mille si laureano in discipline Stem (Science, Technology, Engineering e Mathematics). E la percentuale di donne che occupano posizioni tecnico-scientifiche è tra le più basse in Europa: il 31,7% contro il 68,9% degli uomini.

Non solo, l’Ocse ci ricorda che le sviluppatrici di software impiegate nelle aziende sono meno del 15% e che le startup innovative sono prevalentemente guidate dagli uomini (ben il 90%). Non è tutto, perché quelle di proprietà femminile pare ricevano il 23% in meno di finanziamenti e abbiano il 30% di probabilità in meno di avere un’exit positiva. Uno spreco troppo spesso dettato anche da pregiudizi culturali che nessuno può più permettersi.

Un’opportunità da non perdere

Esperti di cybersecurity e Internet of Things, analisti di big data, sviluppatori di app, Data Protection Officer: sono solo alcune delle professioni che più cresceranno nei prossimi anni e che potrebbero aprire la strada a una nuova partecipazione femminile al mondo del lavoro. Una prospettiva che molte realtà stanno cercando di spingere: Amazon, ad esempio, ha assegnato per il secondo anno la borsa di studio “Amazon Women in Innovation” per aiutare le studentesse a sviluppare competenze in ambito tecnologico. E crescono anche iniziative come Girls Who Code, Women&Tech, EQUAL-IST Gender Equality in Information Science and Technologies, per citarne solo alcune.

Del resto, la posta in gioco è alta, da tutti i punti di vista. Basti pensare che se si colmasse il divario di genere nel digitale, il PIL europeo avrebbe un incremento di qualcosa come 16 miliardi di euro.

Silvia Pagliuca

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