E-sport: un nuovo campo di gioco per i marketer di domani

4-04-2023 | News

di Enrico Bonetti

Foto di Sean Stone su Unsplash

Un profano può considerare il termine e-sport un sinonimo di videogiochi, croce di molti genitori e delizia di molti figli. In realtà, tra i videogiochi e gli e-sport c’è la stessa differenza che passa tra gli incontri di calcio tra ragazzi in un cortile e la Premier League. I primi sono una semplice occasione di svago e socializzazione, i secondi un business che vale diversi milioni.
Per capire la portata del fenomeno (e le sue prospettive), basta guardare alcuni numeri. Il volume d’affari dell’industria degli e-sport ha ormai superato il miliardo e mezzo di dollari; gli spettatori delle competizioni sono più di 400 milioni a livello mondiale e raggiungeranno i 700 milioni nel 2025; il singolo evento più seguito, tenutosi a Singapore nel 2021, ha avuto un’audience di oltre 5 milioni di spettatori; il giocatore professionista che ha guadagnato di più dalla sua attività è il danese Johan Sundstein, anche noto come N0tail, con un montepremi cumulato di oltre 7 milioni di dollari.
Un ecosistema complesso. Gli e-sport sono, però, un business interessante non solo per i numeri, ma anche per la varietà di attori che ne fanno parte e per la complessa rete di relazioni che vi sono al suo interno. L’Osservatorio Italiano E-Sports ha efficacemente mappato questo ricco ecosistema e tra i principali player vi sono: i publisher, ovvero le aziende che realizzano i videogame e ne detengono le licenze (EA, Activision, Riot Games, ecc.); le competizioni, che possono essere organizzate dagli stessi publisher oppure da soggetti terzi (tipo King e-sport); i broadcaster, cioè le piattaforme di streaming, come Twitch o TikTok, che trasmettono le competizioni e i contenuti correlati; gli e-sport maker, ovvero i giocatori professionisti e le squadre che li ingaggiano per partecipare ai tornei (tra quelle con maggiore seguito in Italia vi sono QLASH, Exeed, Mkers, Mako Esports e Tempra Esports); i content creator, che sono giocatori con propri canali sulle piattaforme di streaming, che talvolta partecipano anche alle competizioni; i fan, che seguono le competizioni, le squadre o i singoli player; e, infine, i grandi brand (Adidas, Red Bull, Amazon, ecc.), che sponsorizzano le competizioni (come la e-Serie A Tim), le squadre (come Samsung Morning Stars), o semplicemente usano le piattaforme che trasmettono le competizioni per realizzare attività di advertising mirate.
Gli e-sport presentano anche una pluralità di modelli di ricavo: i publisher guadagnano dalla vendita delle licenze e dei diritti agli organizzatori delle competizioni e ai broadcaster; gli streamer guadagnano con le sponsorizzazioni, la vendita di pubblicità sui propri canali e le donazioni provenienti dalla fan base; i ricavi delle squadre possono invece venire dai montepremi, dalle sponsorizzazioni e dalla vendita di merchandising; gli organizzatori delle competizioni traggono i propri guadagni dalla vendita dei diritti di trasmissione (per gli eventi più importanti) e dalle sponsorizzazioni.
Un’occasione da sfruttare per il marketing. Visto che le fonti da cui generare ricavi sono diverse, di conseguenza, anche gli approcci di marketing utilizzabili in questo settore possono essere molto variegati. Il risultato di tutto ciò è che per i marketer gli e-sport rappresentano una grande opportunità: quella di entrare in un business inesplorato e di sicure potenzialità; quella di presidiare e di conoscere uno dei mondi nei quali si trova più a suo agio la Generazione Z; quella di sperimentare soluzioni di marketing nuove, che combinino tecniche tradizionali, come le sponsorizzazioni e l’advertising sui mass media, con tecniche innovative, come il social media marketing, l’influencer marketing e il branded content.

Cosa impariamo. Primo, che il marketing deve preoccuparsi non solo dello sviluppo di nuovi prodotti e servizi, ma anche (e soprattutto) di creare fonti di ricavo nuove e originali, che possono nascere proprio da nuove ed originali modalità di fruizione di un prodotto o di un servizio (in questo caso lo sport). Secondo, si conferma che per raggiungere segmenti nuovi (la Gen Z) occorre costruire contenuti nuovi (gli e-sport), che richiedono canali di comunicazione nuovi (le piattaforme di streaming), che funzionano secondo regole di marketing (in parte) nuove.
Infine, che non bisogna mai sottovalutare l’impatto che una nuova generazione può produrre. Ormai l’avvento di ogni nuova generazione rivoluziona business e modalità di fruizione di beni e servizi; se i Boomer e la Gen X hanno alimentato la diffusione dei mass media tradizionali e i Millennial hanno spinto la diffusione delle piattaforme, allora la Gen Z potrebbe trasformare il modo in cui si guarda lo sport e forse anche le tipologie oggetto d’interesse, tanto che Peter Moore, CEO del Liverpool, ha lucidamente dichiarato: «Il vero avversario del calcio oggi si chiama Fortnite»!

Enrico Bonetti è Ordinario di Marketing all’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli.

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