Colloqui interattivi, algoritmi e formazione a punti: il “gioco” delle risorse umane

26-10-2020 | News

Incoraggia il lavoro di squadra, aumenta la produttività, fa emergere i veri talenti e – pare – riduce anche l’assenteismo. Parliamo della gamification. Uno strumento che si sta facendo sempre più strada nel mondo delle risorse umane 2.0. La prima a farne uso è stata la nota catena alberghiera Marriot coniando il gioco online “My Marriot”. A metà tra Farmville e The Sims, My Marriot chiedeva ai giocatori di risolvere attività connesse al mondo dell’hotellerie e della ristorazione. Ad esempio: gestire un cliente dai gusti difficili, ordinare la quantità giusta di cibo affinché la cucina non rimanesse sfornita, occuparsi dei check-in in tempi rapidi, e così via.

Ma cosa ha portato i recruiter dell’azienda a scegliere questa modalità di selezione? L’elemento disruptive. Il candidato, infatti, si trova a dover risolvere casi concreti ma inaspettati e attraverso il meccanismo del gioco fa emergere le proprie competenze, senza i classici filtri e le barriere che solitamente accompagnano un colloquio tradizionale.

Glickon, algoritmi per selezionare dei candidati

«Semplificare è la parola chiave» commenta Filippo Negri, CEO e co-fondatore di Glickon, realtà specializzata nella people experience e analytics dedicate alle HR e al management. Nel 2015 hanno lanciato la Candidate Experience, ovvero una soluzione basata su algoritmi adattivi, data science ed esperienza di gaming che consente di velocizzare e razionalizzare il processo di selezione di nuove risorse, scremando le candidature e cercando un riscontro effettivo tra quanto il candidato afferma di sapere e le sue competenze reali.

Ma non solo nel recruiting. La gamification è sempre più utilizzata anche nei processi di formazione e apprendimento. Attraverso questo strumento, infatti, le aziende riescono a ingaggiare maggiormente i loro dipendenti e a ricevere feedback importanti per l’organizzazione dei team. Deloitte, ad esempio, ha applicato le tecniche di gamification al proprio programma di formazione della leadership, stimolando i dirigenti a partecipare attivamente, generando una vera e propria sfida nella sfida, con tanto di punteggi e classifiche.

Dal Mc a Microsoft, le corporation corrono a giocare

La stessa cosa ha fatto McDonald’s, utilizzando un approccio “gamification based” per favorire la comprensione del nuovo sistema di cassa implementato in oltre 1300 punti vendita sparsi per il mondo. Mentre Microsoft ha deciso di ricorrere a una soluzione di “productivity game” per incoraggiare i suoi dipendenti – provenienti un po’ da tutto il mondo – a partecipare al processo finale di revisione linguistica delle interfacce Windows. Il tutto, facendo leva su un forte coinvolgimento morale e investendo i dipendenti di una specifica responsabilità – la salvaguardia del loro idioma linguistico –, facendoli quindi sentire quasi degli eroi moderni.

Ma gli esempi potrebbero essere ancora tanti: da Google a MSC Crociere, da Satispay a Intesa San Paolo, arrivando finanche all’addestramento militare e per il trasporto aereo. La gamification è, infatti, sempre più diffusa e sempre più lo sarà, essendo ritenuta particolarmente utile anche per ingaggiare i nuovi lavoratori under 35, poco avvezzi ai tradizionali modelli di recruiting e retention. Aveva quindi ragione Jesse Schell, professore della Carnegie Mellon University, quando nel 2010 a Las Vegas preconizzò il boom del gaming, affermando: «Uscirà dalla consolle e dai pc per entrare in ogni momento della nostra vita. Finanche lavarsi i denti potrà portarci qualche bonus».

Silvia Pagliuca

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