Il grande ritorno del Mediterraneo

16-02-2023 | News

Le crisi in atto stanno convergendo e sommandosi, producendo un quadro globale in forte mutamento, con al centro nuovi sviluppi nella logistica internazionale e la ricerca di nuovi equilibri in campo energetico. Molti sono i rischi economici e politici, ma per alcuni Paesi, come l’Italia, al centro del Mediterraneo, stanno nascendo molte interessanti opportunità.

Di Massimo Deandreis

La pandemia prima e la guerra russo-ucraina hanno accelerato cambiamenti già precedentemente in atto e oggi sembra chiaro che siamo di fronte alla ridefinizione di scenari geo-economici e politici con impatti completamente nuovi e in gran parte ancora sconosciuti. È difficile prevedere il futuro; più prudente è limitarsi a osservare gli assi su cui sta cambiando l’economia internazionale, guardando da dove proveniamo e verso quale direzione andiamo. Con questa prospettiva, un cambiamento di grande rilievo riguarda l’evoluzione dell’area Mediterranea, con particolare enfasi sulle opportunità che possono nascere per l’Italia, Paese al centro geografico di questa vasta zona su cui si affacciano molti paesi europei e non europei. 

La nuova centralità del Mediterraneo

Il Mediterraneo sta emergendo come un’area del mondo che recupera centralità rispetto a quanto già non fosse in precedenza. Non sono tanto i numeri, per quanto importanti, a segnalare questa evoluzione: il 20% del traffico marittimo mondiale, il 27% della movimentazione di container e il 30% del traffico energetico globale passano dal Mediterraneo che rappresenta l’1% dei mari. E poi il fatto che il traffico dei 25 porti più importanti del Mediterraneo sia cresciuto ininterrottamente, fino a toccare il +120% dal 2005 ad oggi, passando indenne rispetto alle varie crisi che si sono susseguite.

Il punto però non sta solo in questi numeri, anche se di per sé già importanti. Mentre nel contesto della globalizzazione sfrenata del primo ventennio del 2000 il Mediterraneo era prevalentemente un’area di passaggio e di collegamento tra Asia e Atlantico (e quindi la crescita nei numeri rappresentava soprattutto il “lascito” di essere area di passaggio) oggi il ruolo geo-economico evolve in uno strategico luogo di congiunzione tra le macroregioni mondiali.

Se ci facciamo aiutare dalla geografia (che in economia conta molto, seppur spesso dimenticata) osserviamo che il Mediterraneo è la sola regione del mondo a vedere il contatto stretto tra tre Continenti, Europa, Africa e Asia, oltre ad essere passaggio obbligato (attraverso Gibilterra) per raggiungere la costa Atlantica dell’America. Il Canale di Suez rappresenta anche fisicamente questo contatto tra Asia, Europa ed Africa. Lo dimostra l’ulteriore crescita registrata nel 2021 con il traguardo di quasi 21.000 navi transitate in un anno.

Il Mediterraneo si sta trasformando così da mare di passaggio a mare di competizione dove la regionalizzazione della globalizzazione si vede da vicino. Esiste un rischio forte: che diventi un luogo di scontro e di tensioni; una nuova “cortina di ferro” delle fratture e tensioni globali tra Occidente, Russia e Cina. 

L’opportunità invece è di farlo diventare il principale punto di contatto, di osmosi economica e logistica tra le macroregioni globali. Intersezione strategica tra aree del mondo che seppur in competizione tra loro necessitano inevitabilmente di avere dei punti di contatto e di scambio.

Occorre scongiurare la prima opzione e impegnarsi per la seconda. Il Mediterraneo nella sua storia millenaria è sempre stato, anche nei momenti più bui di scontri e guerre, un mare che ha unito più che diviso. E l’Italia si trova geograficamente in mezzo.

Una grande opportunità per l’Italia

Questo nuovo contesto globale, pur così difficile, incerto, diverso dal passato, può generare nuove opportunità per il nostro Paese. Di nuovo il binomio logistica ed energia sono al centro. Con il taglio delle forniture di gas dai gasdotti russi, il flusso in arrivo dal Sud Mediterraneo diventa ancora più strategico. Ed è l’Italia, non altri Paesi, a essere la porta europea di ingresso, con i gasdotti da Algeria e Tunisia e il TAP, dei flussi da Sud. 

Anche il Mediterraneo orientale è strategico per la sicurezza energetica europea e il suo ruolo è destinato a crescere ulteriormente con la minaccia russa di tagliare ulteriormente le forniture. L’Egitto è un player e un partner importante per l’Italia e, oltre ad avere ingenti risorse (pensiamo a Thor scoperto da ENI al largo di Suez), ha infrastrutture e impianti di liquefazione.

Se poi guardiamo la mappa delle pipeline esistenti e di quelle in costruzione, vediamo che arrivano tutte vicino ai porti del Mezzogiorno. La portualità italiana si dimostra ancora una volta strategica per il ruolo del Paese e per gli interessi europei. E non solo per i porti del Sud. Ricordiamo che Trieste ha un rilevante ruolo di porto energetico e serve prevalentemente i mercati del Centro Europa più ancora che quello nazionale.

I porti sono anche al centro di una trasformazione strategica: da hub solo logistici (trasporto merci e passeggeri) diventeranno presto anche degli hub energetici. Le tecnologie consentono oggi impianti fotovoltaici galleggianti offshore così come quelli eolici per la produzione di energia rinnovabile da utilizzare nei porti e per le aree industriali attorno ai porti. Rendendoli così indipendenti, più forti, e meglio capaci di rispondere ai bisogni di trasformazione in corso anche nell’industria dello shipping.

Per realizzare questo disegno occorre però che l’Europa rilanci una partnership strategica con il Nord Africa, fondandola non solo sull’aumento dei flussi di idrocarburi (necessari nell’attuale congiuntura) ma anche costruendo un’alleanza strutturale su rinnovabili e idrogeno. Almeno con alcuni Paesi. Oggi le tecnologie consentono quello che in passato non era possibile. Ad esempio, di produrre energia elettrica con pannelli fotovoltaici e trasformarla poi in gas che può essere immesso nei gasdotti esistenti. Oppure produrre idrogeno. Questo approccio rappresenterebbe un’opportunità di sviluppo di reciproco vantaggio.

L’Italia, tradizionalmente ponte geografico tra Europa e Nord Africa, potrebbe svolgere questa funzione anche come hub logistico ed energetico sia nell’interesse comunitario sia nel solco della sua tradizionale politica mediterranea. Rafforzando il suo ruolo in Europa e nel Mediterraneo.

I cambiamenti in atto e la ridefinizione degli scenari geo-economici e politici, molto complicati e difficili, rappresentano però anche una opportunità unica per cercare di dare risposte strutturali e durevoli alle sfide del presente. 

Massimo Deandreis è Direttore Generale di SRM Centro Studi collegato al Gruppo Bancario Intesa Sanpaolo. Dall’aprile 2016 è Presidente del GEI l’Associazione Italiana degli Economisti d’Impresa.

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