L’avvento del Chief Innovation Officer

20-01-2023 | News

Fino a 20 anni fa quella del responsabile dell’innovazione era una posizione praticamente sconosciuta. Oggi la maggior parte delle grandi aziende ne ha nominato uno, anche se le specifiche effettive del lavoro possono variare.

di Elisa Farri e Gabriele Rosani

Fino a pochi decenni fa, l’innovazione in azienda era ancora considerata una prerogativa della funzione Ricerca e Sviluppo con lo scopo di incrementare le caratteristiche tecnologiche dei prodotti offerti. Con l’arrivo del nuovo secolo, la semplice idea di un prodotto tecnologicamente più performante non era più sufficiente per vincere contro nuovi attori che proponevano modelli di business inediti. Appariva chiaro come le nuove dinamiche dei mercati e della tecnologia richiedessero un approccio più strategico all’innovazione. Da qui la nascita di una nuova figura direzionale nel vertice delle aziende che ha preso il nome anglosassone di Chief Innovation Officer (spesso abbreviato in CINO).

I compiti del CINO

A differenza dei ruoli apicali più tradizionali, le cui specifiche di lavoro sono relativamente consolidate (pensiamo al direttore marketing o al direttore finanza), il ruolo del Chief Innovation Officer è ancora abbastanza nuovo e poco codificato, e varia anche in modo significativo a seconda dell’organizzazione, del contesto aziendale e dell’individuo stesso. Tipicamente, il ruolo del Chief Innovation Officer può insistere su due categorie principali:

  • la prima è la gestione del funnel di innovazione;
  • la seconda è la costruzione di competenze d’innovazione.

Attingendo alla nostra ricerca ed esperienza con società Fortune 500, abbiamo sviluppato un framework per una mappatura della figura del Chief Innovation Officer. In alcune aziende, il CINO ha un mandato abbastanza ristretto focalizzandosi solo su alcuni ambiti, mentre in altre aziende può coprire una gamma più ampia di ruoli con diversi livelli di intensità. Un semplice strumento visivo, il “radar degli 8 ruoli”, può aiutare a visualizzare come vengono coperti i diversi ruoli.

Confrontando i radar di diverse aziende e la loro evoluzione nell’arco degli ultimi dieci anni, possiamo osservare un graduale cambiamento nella copertura dei ruoli. Mentre nel recente passato il CINO era l’owner dell’innovazione, direttamente responsabile dello sviluppo di progetti con un budget e un team dedicato e con obiettivi propri (in genere concentrandosi sull’innovazione discontinua di lungo termine), oggi c’è maggiore enfasi sul CINO come abilitatore e facilitatore dell’innovazione in tutta l’azienda, supportando le altre funzioni e unità di business nei loro progetti innovativi, con una più forte vicinanza al business, nonché nel promuovere una mentalità di competenze diffuse in tutta l’organizzazione l’aziendale.

A nostro avviso, tale cambiamento è determinato da due aspetti. In primo luogo, in passato la nomina di un CINO poteva dare un messaggio sbagliato in azienda deresponsabilizzando il business rispetto all’innovazione, vista come mandato di qualcun altro (“non è il mio lavoro”), piuttosto che un compito proprio di ciascuna funzione. Il secondo e più fondamentale fattore è legato all’ampliamento del concetto stesso di innovazione aziendale, verso una vera e propria reinvenzione dei modelli di gestione aziendale.

Un nuovo modello in un nuovo contesto

Negli ultimi 20 anni, l’innovazione ha allargato il suo ambito d’azione. Mentre negli anni ’80 e ’90 l’innovazione coincideva sostanzialmente con il miglioramento del prodotto e della tecnologia, a partire dai primi anni 2000 le aziende hanno capito che potevano sfuggire alla concorrenza testa a testa sul prodotto grazie alla creazione di nuovi modelli di business. Leader di pensiero come Chan Kim e Renée Mauborgne di INSEAD, autori del bestseller Strategia Oceano Blu, hanno mostrato come sia possibile creare nuovo valore e attirare nuovi clienti con modelli di business innovativi anziché puntando solo sull’incremento della performance del prodotto esistente. 

Con l’avvento dell’economia digitale intorno al 2010, molti settori sono diventati improvvisamente vulnerabili all’attacco da parte delle aziende native digitali. Per rimanere competitive, le aziende tradizionali hanno dovuto ripensare la loro offerta da semplice prodotto a ecosistema digitale. Il nuovo contesto in rapida evoluzione dell’era digitale richiede anche un radicale ripensamento dei modelli operativi. Per raggiungere questo obiettivo, le aziende innovative guardano all’agilità organizzativa e a nuove forme di empowerment e controllo.

Venendo agli anni 2020, l’ambito dell’innovazione sarà sempre più orientato verso la sostenibilità, nel tentativo di affrontare le sfide epocali delle questioni ambientali, sociali e di governance. Le imprese moderne non possono pensare all’innovazione senza pensare alla sostenibilità e viceversa: Enel, leader mondiale nelle energie rinnovabili, ha persino coniato il termine “Innovability”, combinando i due concetti. 

Il supporto alle funzioni aziendali

La necessità di innovare il modello di gestione è rilevante per tutte le funzioni aziendali, dalle risorse umane al marketing alle operations: 

  • i direttori HR devono reimmaginare e rimodellare la vita lavorativa post-COVID-19, verso un lavoro ibrido e una forza lavoro più agile. Questo presuppone uno sforzo innovativo, creativo e sperimentale che passa per iterazioni successive, con una revisione significativa dei modelli operativi, compresi i comportamenti e lo stile di leadership, i processi di gestione del personale, nonché le tecnologie abilitanti per potenziare e motivare i dipendenti.
  • i direttori marketing devono ripensare in modo innovativo le loro strategie verso il mercato alla luce di un cambiamento nei comportamenti dei consumatori e nei canali tecnologici (come ad esempio il metaverso), con implicazioni incerte per il brand. 
  • i direttori della produzione devono confrontarsi con il rapido sviluppo di tecnologie come il 5G, l’Edge computing, l’intelligenza artificiale (AI) e l’Internet of Things (IoT), che rappresentano un’opportunità di ripensare il modello operativo e di approvvigionamento dell’azienda in senso innovativo.

Dagli esempi sulle varie aree aziendali (dalle risorse umane al marketing, alle operazioni e alla catena di approvvigionamento) si può ben vedere come ciascuna funzione sarà chiamata a una profonda trasformazione per ammodernarsi rispetto al nuovo scenario. Questa sarà una grande sfida per i direttori delle diverse funzioni, in cui il CINO giocherà un ruolo di supporto, aiutandoli in questa delicata fase di cambiamento culturale e gestionale. 

Un’innovazione sistemica

In un contesto sempre più dominato dalla trasformazione, il nuovo imperativo per i vertici delle aziende è l’innovazione sistemica e pervasiva, l’unica in grado di garantire il successo futuro. Tutte le funzioni e le unità aziendali devono abbracciare una mentalità innovativa e iniziare a sperimentare nuovi modelli. Questo sta determinando un cambiamento significativo nel ruolo del CINO: mentre in passato il CINO era l’owner del portafoglio di innovazione, con un focus su nuovi prodotti e soluzioni di business, oggi, il mandato si sposta maggiormente verso l’abilitazione al cambiamento, tramite la diffusione di pensiero e metodi innovativi in tutta l’organizzazione, creando le condizioni affinché le altre funzioni siano innovatrici nei loro specifici campi di gestione.

L’articolo completo è disponibile sul numero di dicembre 2022 disponibile su hbritalia.it

Elisa Farri è Vice President e Co-lead del Management Lab di Capgemini Invent. Nel suo lavoro di consulenza si è concentrata su ambiti di strategia e innovazione supportando grandi gruppi in programmi trasformativi. In precedenza, ha lavorato presso il Centro di Ricerca di Parigi della Harvard Business School. È autore ricorrente su HBR.org e su altre riviste di management, oltre che relatore in conferenze su temi di innovazione manageriale.

Gabriele Rosani è Direttore Contenuti e Ricerca per il Management Lab di Capgemini Invent. Ha oltre quindici anni di esperienza in consulenza strategica. È autore ricorrente per HBR.org e per altre riviste di management. Ha contribuito per Thinkers50 alla pubblicazione di diversi libri su tematiche di innovazione manageriale.

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