Un futuro fuori dalla gabbia

21-10-2022 | News

Ovvero, anche i robot hanno un’anima…

Intervista a Comau n-j 220 di Pietro Varvello

Incontro Comau n-j 220 in un bar di Grugliasco, periferia ovest di Torino, un tempo area brulicante di capannoni occupati dall’indotto dell’industria automobilistica. Vuole che lo chiami Antonio e lo trovo confuso sul suo futuro professionale, un sentimento abbastanza coerente con l’atmosfera che si respira in questa periferia industriale. Mi ha chiesto un incontro di coaching per aumentare la consapevolezza del momento che sta vivendo e identificare le azioni più adeguate per affrontare il prossimo futuro, così da trasformare in energia quel pizzico di paura legata al cambiamento. Gli spiego che so poco di robotica industriale e non sarei in grado di indicargli soluzioni tecniche per meglio adattarsi alle nuove richieste del mercato, ma Antonio mi precisa che è sufficiente che lo ascolti e lo aiuti in questo momento di discontinuità tra le attività che ha svolto fino ad oggi con grande professionalità ed efficienza e quelle che si prospettano per le nuove produzioni automobilistiche.

Come stai Antonio?

Voglio essere sincero: da un lato sono preoccupato per i cambiamenti che dovrò affrontare, dall’altro sono eccitato da questa nuova sfida.

Di quale sfida stai parlando?

Del nuovo mercato dell’auto elettrica, un evento che sta cambiando radicalmente la produzione tradizionale, coinvolgendo tutta la filiera produttiva a partire dalla componentistica.

Spiegati meglio, cosa vuol dire preoccupato e nello stesso tempo eccitato?

Sono nato in Comau parecchi anni fa e fin dall’inizio non ho mai avuto dubbi sulle mie caratteristiche tecniche e sulla mia leadership operativa. Devi sapere che Comau è l’acronimo di COnsorzio MAcchine Utensili, una realtà nata negli anni ’70 e formata dagli ingegneri e dalle imprese di Torino che avevano contribuito alla costruzione dello storico impianto automobilistico Volga in Russia. Nel corso degli anni l’azienda si è trasformata in una multinazionale con numerosi centri operativi e stabilimenti di produzione in Nord e Sud America, Europa e Asia. Il Gruppo si è successivamente diversificato in nuovi business come il digitale e l’elettrificazione e negli ultimi anni, seguendo un approccio definito “HUMANufacturing”, ha sviluppato tecnologie innovative per la “fabbrica del futuro” dove operano robot “collaborativi” asserviti a soluzioni di automazione intelligente nell’ottica dell’Industry 4.0, la frontiera più avanzata nella collaborazione tra l’uomo e le macchine.

Fai dunque parte di un’azienda di eccellenza: allora perché sei confuso?

Come ti accennavo, da qualche anno i nostri ingegneri progettisti mi stanno chiedendo di sviluppare nuove funzionalità e operatività che utilizzino comandi sempre più semplici e intuitivi, come guardare un oggetto, toccare un particolare punto dello spazio, ascoltare operazioni di riconoscimento vocale e riprodurre azioni complesse, come quella di automatizzare il processo di verifica e controllo del sistema di infotainment di una vettura. Pensa che già oggi è in produzione una mia versione modificata in grado di svolgere buona parte delle attività di prova all’interno della vettura, con grande efficienza, tracciabilità e ripetibilità della procedura. Questi cambiamenti stanno avvenendo con una grande rapidità e questo è il motivo della mia confusione: originariamente sono stato progettato e sviluppato per le linee dell’auto tradizionale, dove per molti anni ho lavorato tranquillo dentro la mia gabbia (cioè la mia zona di comfort) e dove assemblavo motori, montavo carburatori, tubi di scappamento, ecc. Devi sapere che sono stato un robot sempre molto richiesto dall’industria automobilistica tradizionale grazie ai miei movimenti a 6 assi, una capacità di carico al polso di ben 220 kg., uno sbraccio di oltre 2,7 metri; e sono stato progettato per un amplissimo numero di operazioni che vanno dall’assemblaggio e montaggio di componenti, alla saldatura a punti e al taglio laser, alla lucidatura e spazzolatura fino all’asservimento di altre macchine, all’imballaggio e al confezionamento. Modestamente, anche se non mi piace vantarmi, nel panorama dell’automazione industriale, e soprattutto nella produzione automobilistica, io sono un leader assoluto, ammirato e invidiato anche da molti concorrenti di Comau.

E allora, quale è il problema?

Ti ripeto che il problema è più che altro psicologico e nasce dal tipo di domanda di automazione delle nuove fabbriche, uno scenario che sta cambiando a una velocità a cui neanche io ero preparato. Ma lo sai come è fatta un’auto elettrica? In realtà non chiamiamola neanche “auto” o “automobile”: la chiamerei piuttosto un computer con le ruote. E le nuove fabbriche? Cosa hanno in comune con quelle tradizionali? Hai visto come sta cambiando il personale che ci lavora, la numerosità, le competenze e le specializzazioni richieste? Io sono stato progettato per collaborare con operai tradizionali, dove le persone erano al centro del processo di produzione e dove l’automazione era resa efficiente e sicura grazie a robot collaborativi come me che lavoravano ubbidienti dentro le loro gabbie di protezione. Le nuove fabbriche prevedono meno uomini e anche meno robot! Nasce da qui la mia preoccupazione e anche dal fatto che sono convinto che molte delle mie caratteristiche operative, costruite in tanti anni di sacrifici, adattamenti e miglioramenti dovranno subire significativi adattamenti per continuare a operare con efficienza e produttività. E poi, essendo un robot “maturo”, mi chiedo se ce la farò anche psicologicamente a continuare a lavorare a fianco di questa nuova generazione di robot studiati ad hoc e dedicati all’assemblaggio delle auto elettriche e più in generale a tutta l’auto del futuro.

All’inizio mi hai parlato bene di Comau e quindi non temere che i suoi ingegneri non riescano a trovare soluzioni per consentirti di continuare ad operare al meglio anche in queste nuove realtà…

Guarda che non sto pensando solo alla mia personale situazione! Non sono un robot egoista e sto pensando anche all’impatto che avrà l’auto elettrica sulla filiera dei componentisti che ho conosciuto in tutti questi anni! Stiamo parlando solo in Italia di un comparto di 2.200 aziende, oltre 160mila addetti e 45 miliardi di ricavi che dovranno riorganizzarsi e ristrutturarsi pesantemente per sfruttare questa nuova sfida. Un recente studio di Roland Berger realizzato per Anfia è stato abbastanza eloquente: l’85% dei componenti del gruppo motopropulsore in cui si concentrano circa 70mila addetti (quasi la metà dei quali localizzati in Italia) rischia di trovarsi spiazzato da questi cambiamenti. E poi, se per caso tu non lo sapessi, il “motore” elettrico puro, cioè senza l’assistenza di un motore tradizionale in appoggio (in modalità ibrida o plug-in), ha una quantità di componenti significativamente inferiore. Chiediamoci anche da dove stanno arrivando i nuovi componenti, tra cui le batterie elettriche, e in quali fabbriche le stanno già assemblando. Per la prima volta, nell’industria automobilistica, si sta costruendo un futuro in cui l’Europa non è più centrale. Aggiungo infine che se Volkswagen stima che siano necessarie circa un 30% di ore di lavoro in meno per produrre un’auto elettrica, dovremo prevedere in prospettiva un numero inferiore di robot, ma anche una significativa riduzione di colletti blu (che nel frattempo diventeranno sempre più bianchi)!

Sicuramente saranno necessari corsi di formazione e riqualificazione per i colletti blu e una significativa riprogrammazione per te e i tuoi colleghi robot “anziani”…

Mi devi aiutare perché desidero comunque partecipare a questa nuova sfida! Voglio superare questo disorientamento psicologico e partecipare ancora da protagonista a questo nuovo mercato green, fatto non solo di ibride e plug-in, ma di elettriche pure, un mercato che è passato in pochissimi anni da una nicchia marginale a un 38% di immatricolazioni in Europa (dati Acea, primo semestre 2021, inclusa UK). Stiamo assistendo a una vera esplosione della domanda di elettromobilità che, se da un lato lascerà sul campo molte aziende e anche alcuni distretti, dall’altro sta aprendo nuovi affascinanti scenari anche per l’automazione industriale. I consumatori si stanno orientando verso veicoli più puliti, più ecologici e più sostenibili e le nuove generazioni non vedono più l’auto come un prodotto fisico, ma la utilizzano prevalentemente come un servizio, attraverso il car sharing e il car-pooling. 

A questo punto cosa pensi di fare?

Direi che ci sono poche alternative: devo rimettermi a studiare con impegno e umiltà! Alcuni dei nostri ingegneri mi hanno proposto di sperimentare le mie funzionalità in nuove applicazioni di Meccatronica e Intelligenza Artificiale. Dovrò imparare a usare nuovi sistemi di visione artificiale che mi consentiranno di diventare un vero partner dei colletti bianchi. La mobilità elettrica sta elevando progressivamente l’automazione e l’efficienza, in quanto richiede siti produttivi intelligenti, ecocompatibili, a impatto zero e collegati in rete. Mi hanno anticipato che la digitalizzazione di questi nuovi stabilimenti si sta estendendo a tutti i settori della produzione, con una elevata cooperazione tra uomo e macchine e dove i lavoratori sono esonerati dalle operazioni fisicamente più gravose e i sistemi di trasporto senza conducente (FTS) trasferiscono i componenti necessari in modo completamente autonomo, rivoluzionando così il flusso di lavoro della fabbrica. Pensa che i miei ingegneri progettisti mi hanno promesso che potrò disporre di funzioni di sicurezza talmente sofisticate da eliminare la necessità di barriere protettive, cioè delle gabbie entro le quali mi avevano confinato in tutti questi anni! Potrò finalmente lavorare a fianco dell’uomo senza più sensi di inferiorità!

Adesso ti vedo un po’ più rilassato, motivato e anche coinvolto nei prossimi cambiamenti…

Mi ha fatto bene parlare con te perché mi hai aiutato a scoprire nuovi scenari e opportunità: a proposito, sai che mi hanno anche detto che stanno progettando un robot autonomo in grado di ricaricare le auto elettriche, trasformando ogni parcheggio in un punto di ricarica? Sono robot di nuova concezione che trainano le batterie mobili fino alla vettura e che si occupano di tutte le operazioni senza interventi esterni. Sono un poco geloso perché questi nuovi robot sono carini e colorati e anche molto curati nel design, una caratteristica che fino ad oggi i miei progettisti non avevano mai preso in considerazione!

Articolo pubblicato nel numero di aprile 2022 di Harvard Business Review Italia.

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