Fusione nucleare. Se non ora quando?

20-12-2022 | News

C’è chi ne parla come di una prospettiva a meno di 10 anni, ossia imminente. E chi la esclude per almeno altri 30 anni. Ma prima o poi si farà e sarà la vera rivoluzione dell’energia.

Fusione nucleare - Festival del Futuro

Ma insomma, quando? Impossibile a dirsi. Da un lato la visione a lungo termine dei piani energetici legati alle grandi iniziative prevalentemente pubbliche. Dall’altro, l’ottimismo di un crescendo di iniziative private, anche start-up di dimensione relativamente piccola. Per la fusione nucleare, le prospettive sono poco decifrabili per i comuni mortali. Per cui meglio fare riferimento ai grandi specialisti.

Prendiamo l’esempio di DBRS Morningstar, un’agenzia di rating nordamericana, secondo la quale il potenziale dell’energia di fusione nel settore energetico non sarà percepito prima di decenni. Secondo l’agenzia, la fusione ha a lungo affascinato i produttori di energia con il suo potenziale di creare energia verde sicura e illimitata. Per anni, gli annunci di scoperte scientifiche sono stati impressionanti, mentre gli sviluppi lo sono stati meno. Se ne deve concludere che, anche se i progressi continuano a ritmo incrementale, il loro impatto non si farà sentire prima di decenni. Gli impianti di produzione di energia esistenti, sia a fonti rinnovabili che a combustibili fossili, non subiranno perciò ripercussioni durante la loro attuale vita operativa.

La scoperta recente

Come si ricorderà, a inizio dicembre 2022, gli scienziati nucleari statunitensi della National Ignition Facility del Lawrence Livermore National Laboratory in California hanno annunciato una svolta nella fusione nucleare che si perseguiva da decenni. Con 192 laser concentrati su una capsula delle dimensioni di una gomma da cancellare, contenente isotopi di idrogeno congelati e racchiusi in un diamante, la capsula è stata riscaldata a una temperatura superiore a tre volte il centro del sole. I raggi X generati dal calore hanno compresso gli atomi di idrogeno fino a fonderli in elio, liberando neutroni ad alta energia in un’esplosione. Questa è l’accensione della fusione. Per la prima volta la quantità di energia utilizzata direttamente nella reazione è stata inferiore all’energia prodotta. I laser hanno indirizzato 2,05 megajoule (MJ) di energia per provocare una piccola esplosione che ha rilasciato 3,15 MJ di energia,

La fusione nucleare produce energia in modo opposto alla fissione nucleare. La fissione nucleare, più convenzionale, crea energia quando gli atomi pesanti (ad esempio, uranio, torio e plutonio) si dividono, ma genera una quantità significativa di scorie radioattive a lungo termine. La fusione nucleare, invece, crea energia attraverso la fusione o la combinazione di atomi di idrogeno con atomi di elio. In queste combinazioni, il neutrone in eccesso viene liberato, rilasciando una grande quantità di energia (per questo motivo vengono utilizzati gli isotopi pesanti dell’idrogeno, ossia il deuterio o il trizio, a causa del loro neutrone in più). Vengono creati alcuni rifiuti radioattivi a vita breve, ma sono molto meno significativi di quelli creati dalla fissione.

Tuttavia, sostiene DBRS, l’ultima notizia è solo la prova di concetto che una reazione di fusione può produrre più energia di quanta ne consumi, un ulteriore passo nel lungo cammino che ci porterà a sfruttare il potenziale dell’energia pulita della fusione per aiutare il mondo a combattere il riscaldamento globale. La reazione, però, è durata solo una frazione di secondo e l’energia prodotta è stata equivalente a quella prodotta da un terzo di litro di benzina o da tre candelotti di dinamite. E anche se l’effettiva emissione di 2,05 MJ del laser che ha innescato l’accensione della fusione è stata inferiore all’energia prodotta, 322 MJ di energia sono stati utilizzati da tutte le apparecchiature necessarie per preparare e produrre i fasci laser.

Restano, quindi, le due grandi sfide da affrontare e vincere. La prima consiste nel sostenere la reazione guidata dalla fusione per un periodo sufficientemente lungo da produrre una fonte affidabile di energia per far funzionare le apparecchiature di generazione; la seconda nell’aumentare il guadagno energetico in previsione della sostituzione dell’energia persa nella preparazione delle apparecchiature utilizzate per innescare l’accensione della fusione e dell’energia persa per dissipazione nelle camere e nelle relative apparecchiature prima di inviarla a una turbina per generare elettricità.

Tra le grandi iniziative più avanzate c’è anche ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), che è una sostenuta da sette governi (Cina, UE, India, Giappone, Russia, Corea del Sud e Stati Uniti) e che sta lavorando per affrontare queste sfide. Il suo reattore principale, che comprende il più grande tokamak del mondo (un sistema di confinamento magnetico a forma di tubo interno per plasma ultra-caldo), dovrebbe essere completato entro il 2025. L’obiettivo dell’iniziativa ITER è quello di ottenere un guadagno duraturo di 10 volte l’energia utilizzata per produrre l’accensione. Ciò potrebbe richiedere un decennio o più dopo l’inizio delle operazioni. Successivamente, il processo di commercializzazione per sviluppare un reattore a fusione sicuro e affidabile che produca una quantità di energia commercialmente praticabile richiederà altri due decenni.

L’impatto finanziario sul settore energetico

Dato che ci vorranno almeno tre decenni prima che un impianto di fusione nucleare commercialmente valido diventi operativo, ci vorrà molto tempo prima che l’energia da fusione abbia un impatto sul settore energetico. Sempre secondo Morningstar, l’energia da fusione non arriverà in tempo per aiutare il mondo nella transizione energetica a basse emissioni di carbonio. Le centrali elettriche di tutte le tecnologie (rinnovabili e a combustibile fossile) che sono in funzione o in fase di avviamento oggi attraverseranno la maggior parte o la totalità del loro normale ciclo di vita prima che l’era della fusione contribuisca in modo sostanziale alla rete elettrica. Anche quando le centrali a fusione saranno in funzione, probabilmente serviranno solo come generatori di carico di base, date le loro grandi dimensioni e il loro funzionamento continuo. Nell’ambito della giurisdizione di una rete elettrica, oltre ai generatori di carico di base, ci sarà sempre bisogno di altre fonti di energia che possano essere attivate e disattivate rapidamente per rispondere alla variabilità della domanda infra-giornaliera o periodica.

Quindi, l’energia rinnovabile con capacità di stoccaggio sarà ancora necessaria per servire i produttori di carico intermedio o di picco. Dato il lungo lasso di tempo prima dell’età prevista per l’energia da fusione, è improbabile che le centrali nucleari a fissione esistenti, che fungono da carico di base per le loro reti, ne risentano. Tuttavia, la convenienza economica a costruire nuove centrali a fissione nucleare o a ristrutturare quelle esistenti per estenderne la durata potrebbe indebolirsi con il passare del tempo, man mano che l’energia da fusione si avvicina alla realtà. Ciò detto, resta probabile che le centrali nucleari convenzionali a fissione ci accompagneranno ancora per molti decenni.

Un’opportunità futura che la fusione può offrire è la proliferazione di carburanti verdi a idrogeno. L’idrogeno ha il potenziale per alimentare il trasporto aereo e navale in un modo che le batterie, con il loro peso elevato, non possono fare. Al momento, però, la produzione di idrogeno è estremamente inefficiente e poco pratica: due terzi dell’energia necessaria per produrre l’idrogeno tramite elettrolisi e poi per convertirlo in elettricità tramite celle a combustibile vanno persi. Tuttavia, in futuro, se le grandi centrali a fusione saranno in grado di produrre idrogeno da una fonte energetica molto economica e abbondante, l’inefficienza del processo di produzione dell’idrogeno potrebbe non essere così importante.

Nuovi protagonisti

Nel mondo stanno, però, fiorendo molte nuove iniziative per la fusione e diverse di esse annunciano successi a breve. Non sono però start-up, e nemmeno aziende tanto recenti, poiché talune sono nate più di venti anni fa. Si tratta di compagnie che hanno già raccolto centinaia di milioni di euro in finanziamenti. Per esempio, la Fusion Industry Association sostiene che almeno 33 diverse aziende stanno inseguendo questo nucleare di nuova generazione e prevede si arrivi concretamente alla fornitura di energia entro il 2030. Nel complesso hanno raccolto almeno 2,8 miliardi di dollari quest’anno, portando gli investimenti totali del settore privato a 4,8 miliardi di dollari, con un aumento dei finanziamenti del 139% rispetto al 2021.

Come ha scritto il Corriere della Sera, siamo in un momento di grazia e l’esperimento del Lawrence Livermore National Laboratory sembra confermarlo. “Il settore privato è fondamentale”, ha detto la segretaria all’Energia Usa Jennifer M. Granholm durante la presentazione dei risultati dell’esperimento. “Gli istituti di ricerca pubblici possono compiere dei passi, ma è evidente che una tale rivoluzione ha bisogno della presenza di compagnie private”.
Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna, Cina, Giappone, Canada sembrano i Paesi nei quali si sta puntando di più su questa tecnologia. Lasciando da parte chi lavora su altre forme di nucleare, come l’italiana NewCleo che ha raccolto 400 milioni da finanziatori come Exor, oltreoceano di compagnie che hanno già un peso specifico non indifferente ce ne sono quattro: Commonwealth Fusion Systems (Cfs), Tae TechnologiesHelion e Zap Energy. La prima, costola del Plasma Science and Fusion Center del Mit e nella quale hanno investito anche Eni, Google, Bill Gates e George Soros, in cassa dovrebbe avere oltre un miliardo e 800 milioni di dollari.
Segue Tae Technologies, con circa un miliardo e 200 milioni di finanziamenti arrivati sempre da Google, oltre a Chevron, Kuwait e il giapponese Sumitomo Group. In Helion, che ha ottenuto mezzo miliardo di dollari, hanno invece puntato fra gli altri Sam Altman, attualmente a capo di Open Ai, e Peter Thiel, cofondatore di PayPal, della controversa Palantir e noto per le sue posizioni conservatrici e libertarie. Alle spalle di Zap Energy, può contare su 200 milioni di dollari in finanziamenti, ritroviamo Chevron assieme a Shell.

Google a Tae Technologies, oltre all’investimento, ha fornito la sua intelligenza artificiale. Il dispositivo della Tea, chiamato C2W “Norman” dal nome del fondatore, il fisico Norman Rostoker morto nel 2014, è una lunga stecca di trenta metri e diverso quindi dagli altri reattori fatti a forma di ciambella. Le Ai del colosso del web vengono usate per tenere sotto controllo il processo e, apprendendo, per migliorarlo così da aumentare l’efficienza. Anche qui l’obiettivo è arrivare ad un reattore pronto per il mercato entro i prossimi otto anni. In Canada, la General Fusion ha attirato l’attenzione di Jeff Bezos, il “padre” di Amazon e Tobias Lütke, a capo di Shopify. Antagonisti nel campo del commercio elettronico, si trovano fianco a fianco nel sostenere questa azienda che nel complesso ha racimolato 400 milioni.

“La commercializzazione dell’energia da fusione è a portata di mano e General Fusion è pronta a consegnarla entro il 2030”, ha dichiarato Greg Twinney, che guida la compagnia canadese. È chiaro che ormai si tratta di una corsa contro il tempo, anche per accaparrare più investimenti. Le altre realtà che stanno partecipando a questa gara sembrano essere più indietro, oltre ad avere fondi che si contano in decine di milioni e non più in centinaia. Le britanniche First Light e Tokamak Energy ad esempio, l’americana Phoenix o la giapponese Helical Fusion. A differenza di quelle più importanti menzionate all’inizio, che hanno tutte oltre venti anni di storia alle spalle, quest’ultima è nata lo scorso anno. È però sostenuta da una multinazionale del calibro di Sony.

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