Il Mobility Manager tra nuove regole, decarbonizzazione e innovazione tecnologica

15-09-2022 | News

Un ruolo sempre più articolato e strategico per le aziende, con effetti marcati sulla società e sull’intero ecosistema della mobilità.

di Gabriele Grea

La disciplina del mobility management ha assunto negli ultimi anni un ruolo di crescente rilevanza, alla luce dell’evoluzione regolamentare, ma anche delle esigenze delle aziende e dei dipendenti di sviluppare soluzioni e pratiche più sostenibili e convenienti in materia di mobilità.

Il Decreto Rilancio (convertito in legge il 17 luglio 2020) e la sua recente norma attuativa (Decreto n. 124 del 26 maggio 2021) rappresentano un nuovo punto di partenza per l’introduzione della figura del mobility manager, riducendo da 300 a 100 unità la soglia minima di addetti oltre la quale le imprese e le pubbliche amministrazioni dovranno dotarsi di tale competenza, ampliandone in modo rilevante lo spettro di azione.

Prendendo spunto dal nuovo approccio regolamentare, è interessante approfondire il tema dell’attualità del ruolo, degli obiettivi e delle attività chiave che devono essere svolte dal mobility manager, nonché delle sinergie con figure e funzioni degli ecosistemi aziendali e territoriali.

La normativa in essere individua identifica il mobility manager come il soggetto nominato dall’azienda o ente, specializzato “nel governo della domanda alla mobilità sostenibile nell’ambito degli spostamenti casa-lavoro del personale dipendente”. Il suo ruolo è strettamente legato alla redazione annuale e adozione di un piano spostamenti casa-lavoro (PSCL) dei dipendenti, che attraverso l’organizzazione e la gestione della domanda di mobilità contribuisca alla riduzione strutturale e permanente dell’impatto ambientale derivante dal traffico veicolare nelle aree urbane e metropolitane.

Il ruolo e le funzioni del mobility manager

Quali sono le funzioni chiave che mobility manager deve svolgere, per migliorare la relazione tra mobilità aziendale e territorio, ambiente, e benessere dei dipendenti? Partiamo proprio dal PSCL: la sua struttura è composta da una prima fase di analisi in cui si identificano sia i fattori strutturali che quelli relativi alla domanda, e da una progettuale e di implementazione.

La fase di analisi ha il compito di creare una solida base conoscitiva sulla quale impostare le azioni volte a favorire o generare un miglioramento nello schema di mobilità dei soggetti interessati. Un aspetto particolarmente interessante del processo è costituito dall’analisi della propensione al cambiamento comportamentale, che può avvenire solo attraverso un coinvolgimento attivo e propositivo degli attori. Oggi tale partecipazione può essere favorita dall’utilizzo di tecniche di cosiddetto stakeholder engagement (ad esempio attraverso la promozione di focus group tematici dedicati alle diverse modalità di spostamento e alle relative problematiche), con l’aiuto di tecnologie che da un lato coinvolgano il dipendente nella creazione della base di conoscenza (e.g. attraverso applicazioni digitali in grado di mappare le abitudini di mobilità, valutarne la razionalità, la convenienza e l’efficienza ed eventualmente suggerire soluzioni alternative), ma anche attraverso iniziative di gamification volte a stimolare i comportamenti più virtuosi. Su questo tema in particolare, le realtà più innovative nel campo del supporto alle attività di mobility management e alla redazione dei piani di spostamento casa-lavoro offrono oggi piattaforme dedicate e strumenti per l’analisi.

La fase progettuale del piano (e delle attività del mobility manager) riguarda la definizione e implementazione di misure volte a conseguire gli obiettivi di sostenibilità precedentemente accennati, che possono essere riassunti nel miglioramento dell’accessibilità aziendale, la riduzione del ricorso alla mobilità privata da parte dei dipendenti e il conseguente contenimento della congestione, e la riduzione degli impatti ambientali locali e climalteranti su scala globale. Per contribuire al raggiungimento di tali obiettivi, è fondamentale che sia disegnata una strategia di insieme che, a partire dal quadro conoscitivo, si traduca in un sistema coordinato e organico di misure realizzabili e i cui impatti possano essere misurati nel tempo.

L’approccio strategico al mobility management

Strategia e obiettivi devono tenere conto del potenziale di impatto delle misure sulle tre categorie di soggetti coinvolti nel processo, ovvero dipendentiazienda e società nel suo complesso, componendo i potenziali conflitti tra comportamenti privati e libertà di mobilità da una parte e il bisogno di schemi di mobilità maggiormente sostenibili e rispettosi dell’ambiente.

L’approccio strategico alla base dell’attività del mobility manager, seppure composito e caratterizzato da una molteplicità di obiettivi specifici e opportunità di azione a seconda del contesto in cui opera, può essere riassunto e descritto attraverso la formula avoid-shift-improve (ASI), declinata come segue:

  • Evitare o ridurre la domanda di trasporto attraverso azioni organizzative e utilizzo di prassi e tecnologie (per esempio, smart working, telelavoro, etc.) che sostituiscano i viaggi non necessari; l’approccio adottato nella definizione delle misure può essere orientato alla diminuzione sia degli spostamenti che delle distanze, attraverso politiche di localizzazione e sviluppo urbano; gli obiettivi misurabili saranno espressi in passeggeri/km evitati;
  • Orientare le scelte degli individui verso modalità di trasporto che generano minori esternalità negative; da un lato le azioni sviluppate possono focalizzarsi sull’aumento del load factor dei servizi e dei veicoli (ad esempio nel caso del trasporto pubblico locale e del car pooling), e dall’altro sulla promozione della mobilità attiva (pedonale, ciclistica); il risultato conseguito da questa tipologia di azioni è dato dalla diminuzione del numero di veicoli/km;
  • Migliorare l’efficienza e la sostenibilità dei servizi e dei mezzi di trasporto promuovendo il passaggio a propulsioni a basse emissioni di inquinanti locali e gas climalteranti, riducendo in questo caso i grammi di CO2/km prodotti dalle attività di trasporto.

Come detto, le strategie devono tenere conto contemporaneamente degli impatti generati su dipendenti, aziende e sulla società, massimizzando i benefici attivabili.

Per quanto riguarda i dipendenti, i benefici generati dall’implementazione di un piano di mobilità aziendale sono di varia natura e vanno da quelli connessi direttamente all’azione di viaggio come ad esempio la diminuzione dei tempi e dei costi di trasporto e dell’incidentalità o una migliore regolarità degli spostamenti, a quelli derivati di carattere personale come una diminuzione dello stress e maggiori benefici per la salute, opportunità di socializzazione e possibilità di incentivi e benefici economici derivanti da comportamenti virtuosi. 

L’azienda potrà beneficiare innanzitutto di una migliore accessibilità e come conseguenza diretta di una maggiore puntualità dei dipendenti grazie alla maggiore affidabilità e sicurezza degli spostamenti casa-lavoro. Da non sottovalutare inoltre il miglioramento dell’immagine aziendale e l’inserimento del mobility management all’interno delle pratiche di corporate social responsibility (CSR) e delle iniziative nei bilanci sociali ambientali, a cui si aggiunge oltre agli obblighi di legge il fatto che la compliance con la normativa di riferimento è un requisito obbligatorio per ottenere la certificazione UNI EN ISO 14001.

Infine, sono rilevanti i benefici che le azioni di mobility management delle aziende presenti sul territorio generano per la collettività. Innanzitutto, gli effetti sul traffico in termini di minore congestione e tempi di trasporto, insieme alla diminuzione dell’incidentalità. E poi la diminuzione delle esternalità ambientali, in termini di migliore qualità dell’aria e minori emissioni di gas climalteranti, che insieme a una maggiore efficienza energetica influenzano positivamente la qualità della vita dei cittadini e la competitività del territorio.

Da questo quadro di insieme si evince l’importanza di una strategia coordinata nell’analisi, lo sviluppo e l’implementazione di misure di mobilità sostenibile e il monitoraggio dei loro effetti nel tempo. È altrettanto importante dare continuità e ciclicità a questo approccio, in una logica di continuo miglioramento ed efficacia.

L’ecosistema del mobility management

Il mobility manager si muove in un ecosistema fatto innanzitutto di relazioni interne all’azienda, che includono:

  • il management aziendale con il quale vengono condivisi strategie e obiettivi, e i dipendenti quali collaboratori nel processo di definizione delle azioni e beneficiari finali;
  • altre funzioni aziendali quali la comunicazione e i sistemi informativi, insieme ai quali definire messaggi e supporti alla conoscenza dei fenomeni;
  • energy e fleet manager, con i quali effettuare analisi e sviluppare misure congiunte.

L’ecosistema è completato dalla trama di relazioni esterne di carattere istituzionale (con la rete dei mobility manager aziendali e con la figura di coordinamento del mobility manager d’area) e soprattutto di carattere commerciale, con una pluralità di fornitori di servizi e soluzioni fondamentali per l’implementazione di misure efficaci e innovative.

Oggi, anche grazie allo sviluppo tecnologico, le misure volte al miglioramento della mobilità aziendale includono opzioni di carattere innovativo (anche nel perimetro dei servizi più tradizionali) in grado di rendere i servizi sempre più user friendly e flessibili, promuovendo una gamma di soluzioni coordinate sempre più efficaci come alternativa alla mobilità privata.

Pensiamo alle piattaforme di carpooling oggi, sempre più dinamiche e integrate con le reti di mobilità locale (ad esempio con i servizi ferroviari regionali, come avviene in Svizzera) e con le opzioni di condivisione (per esempio, car sharing). In questo percorso evolutivo abilitato dalle nuove tecnologie occorre inoltre citare i sistemi di mobilità on demand, versione attualizzata e flessibile dei servizi navetta utilizzati per connettere le unità produttive più periferiche alle reti di mobilità esistenti. Infine, un ulteriore elemento di profonda innovazione per le strategie future è rappresentato dalla collaborazione con le nascenti piattaforme di Mobility as a Service quali soggetti integratori di servizi di mobilità, in grado di contribuire a elaborare soluzioni dedicate alla mobilità dei dipendenti e delle loro famiglie per soddisfare il fabbisogno di mobilità nel suo complesso (e non solo per gli spostamenti casa-lavoro).

Obiettivo decarbonizzazione

Per concludere, la riflessione sul ruolo presente (e futuro) del mobility manager non può che ritornare brevemente al tema della decarbonizzazione e della cooperazione con gli energy fleet manager aziendali, per esplorare sinergie e elaborare soluzioni condivise. Nuove modalità di sfruttamento degli asset (ad esempio nuovi modelli d’uso e condivisione dei veicoli aziendali, ma anche diminuzione del total cost of ownership dei veicoli), e strategie di sviluppo infrastrutturale (per esempio, la messa in rete dei veicoli elettrici in ottica vehicle to grid, l’utilizzo delle batterie in seconda vita per operazioni stazionarie e accumulo di energie rinnovabili, etc.) costituiscono un fertile terreno di collaborazione.

Oggi il processo di decarbonizzazione della mobilità e non solo richiede un approccio multisettoriale, all’interno del quale la componente “improve” della strategia del mobility management diventa l’anello di congiunzione tra le politiche di rinnovo delle flotte, lo sviluppo e gestione infrastrutturale orientata all’efficienza energetica, e l’adozione di comportamenti e modelli più sostenibili da parte dei dipendenti e dei cittadini in generale.

In questo modo, i già citati benefici attivabili dalle buone prassi e dalle soluzioni di mobility management potranno essere amplificati dalle sinergie con gli obiettivi di efficienza energetica degli impianti produttivi, di decarbonizzazione ed efficienza delle flotte, fornendo un contributo strategico alle dinamiche di sostenibilità e competitività delle aziende.

Gabriele Grea, GREEN Università Bocconi

L’articolo è stato pubblicato nel numero di settembre 2022 di Harvard Business Review Italia.

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