La vita infinita (o quasi)

8-07-2022 | News

Le aspettative di vita continuano ad allungarsi e, secondo la scienza, all’orizzonte si profila la possibilità di vivere anche fino a 200 anni in buone condizioni di salute. Una prospettiva confortante ma che va preparata per tempo, predisponendo gli strumenti appropriati.

di Enrico Sassoon

Il sogno dell’immortalità, o quantomeno di una vita molto lunga premiata da uno stato di inalterabile giovinezza, fa parte della psiche individuale e collettiva fin dalle origini. E non potrebbe essere altrimenti, vista la brevità dell’esperienza umana, di per sé già limitata, quando non ulteriormente accorciata da eventi traumatici, come incidenti, guerre o malattie. Ricordate l’epopea di Gilgamesh? È una saga della Babilonia di 4000 anni fa. Se ne sono scritti volumi, se ne sono messe in scena affascinanti versioni teatrali. A Gilgamesh viene rivelata, da un vecchio apparentemente immortale, l’esistenza di una pianta sul fondo del mare capace di donare la giovinezza eterna. Gilgamesh vuole donarla all’umanità, la cerca, la trova ma, nel riposarsi dopo l’avventura, ne viene derubato da un serpente. Il rettile vivrà in eterno e Gilgamesh invecchia disperato e muore, e tale resta il destino della sua progenie fino a oggi.

La saga è ai confini della storia scritta. Ma da allora i miti si sprecano. Eos, dea dell’aurora, chiede a Zeus di dare l’immortalità a Titone di cui si è innamorata. Desiderio esaudito, ma il dispettoso re degli Dei concede l’immortalità ma non la giovinezza ed Eos vivrà in eterno con un compagno sempre più decrepito. Teti punta all’immortalità di Achille e lo immerge nello Stige, tenendolo per il tallone. Omero ci racconta come è andata a finire. Matusalemme tocca, nell’Antico Testamento, i 969 anni di età, degno figlio di suo padre Enoch che genera decine di figli nei suoi 365 anni di vita. Una declinazione secolare di un certo interesse: quella degli Henokiens, come dire gli eredi di Enoch, è oggi una esclusiva associazione di 22 aziende familiari che vantano oltre 200 anni di storia; tra loro aziende italiane come Beretta e Amarelli, anche se la palma della più risalente spetta ai ryokan Shoshi, attivi dal 700 d.c. sempre nell’ambito della stessa famiglia.

Saltiamo ai tempi moderni. Celebre è il mito di Faust, raccontato nella grande letteratura mondiale da Goethe, Marlowe e altri, musicato da Gounod e portato sugli schermi per primo da Murnau. E, ancora, l’inquietante racconto di Dorian Gray dalla penna di Oscar Wilde, trasposto sugli schermi in un film con Angela Lansbury che 70 anni fa ottenne l’Oscar. E poi il recente film The Age of Adaline, che nel titolo italiano diventa significativamente Adaline. L’eterna giovinezza.

E saltiamo ai giorni nostri. L’immortalità sembra uscire dal mito e, per alcuni, diventa un obiettivo. Sono ricorrenti, agli onori delle cronache, le notizie di tycoon della tecnologia o della finanza che riversano miliardi nella ricerca delle formule della giovinezza, prolungata se non eterna. Si tratta di Jeff Bezos di Amazon, di Elon Musk di Tesla, e soprattutto di SpaceX e di Neuralink; ma anche di Bill Gates di Microsoft. Alcuni, come i primi due, guardano abbastanza prosaicamente a una propria eternità personale; altri, come Gates con la sua fondazione, ai destini dell’umanità. Obiettivo minimo sembrerebbe essere la longevità, ossia l’allungamento della vita umana fino a 150 anni, ma anche 200 o, persino, 500. Ma vi è anche l’ambizione dell’eternità, e in questo caso non si tratta di una pianta miracolosa in fondo al mare, ma di una massiccia ricerca cui si dedicano migliaia di scienziati. Di nuovo, l’obiettivo è la longevità, ma anche la perenne giovinezza; in fondo, però, si intravvede anche una sorta di immortalità.

Per molti sono soldi gettati al vento, passatempi da ricchi straricchi e viziati, innamorati di se stessi al punto da respingere l’idea, un po’ seccante, della propria finitezza. A che scopo, sembrano chiedersi quei grandi, vantare un patrimonio di 100 e anche più miliardi di dollari se poi la vita è così breve? In realtà, la ricerca dei meccanismi della giovinezza è questione scientifica serissima e fondata su ricerche che hanno già portato risultati straordinari e che promettono di portarne molti di più nei prossimi anni e decenni.

La longevità è una cosa seria

Molti sono i fenomeni che convergono per portare a considerare gli obiettivi di longevità un fatto di solida realtà. La vita umana si allunga ogni giorno, nei paesi avanzati come in quelli in via di sviluppo. Migliore e più ricca alimentazione, progressi formidabili nella sanità, diffusione dell’istruzione, meno incidenti e meno vittime di guerre sono tra i fattori che contribuiscono al risultato. Conseguenza: popolazione globale che vive di più, con un raddoppio dell’aspettativa di vita da 40 a 80 anni in molte aree e in meno di un secolo. E una popolazione globale che aumenta: da meno di 2 miliardi un secolo fa a 7,5 oggi e 10, o forse 11, miliardi nel 2050. In questo quadro, cresce la proporzione, e il numero, degli anziani over 65. E se ne scopre il valore, perché più anziani sì, ma anche più sani, più attivi, più ricchi degli altri segmenti di popolazione, con bisogni nuovi e nuove capacità di spesa. In America si conia l’espressione secondo cui “i 60 anni sono i nuovi 40 anni”. Di questa coorte di over 65 si parla ormai come di un nuovo Eldorado pronto a scoppiare e lo si è battezzato creativamente la silver economy.

Fissiamo le idee: come hanno scritto Odile Robotti e Andrea Granelli su Harvard Business Review Italia nell’articolo intitolato “Il proiettile d’argento”, l’aumento globale della popolazione anziana accelera e non è più solo un fenomeno del primo mondo. Gli anziani, attualmente il 12% della popolazione mondiale, diventeranno quasi il doppio entro il 2050. Nessuna meraviglia, quindi, che, solo negli Usa, valgano come cluster già oltre 7 trilioni l’anno (stime di Merrill Lynch), cioè poco meno della Cina e più del Giappone. La capacità di spesa di questo gruppo demografico supera già oggi i 15 trilioni globalmente. Oltre a essere numericamente in forte aumento, infatti, gli anziani hanno in generale un buon reddito disponibile – spesso superiore a quello dei propri figli – che spendono per rimanere attivi e ingaggiati. Questa discontinuità rispetto alle generazioni precedenti negli stili di vita e, conseguentemente, nei consumi, fa sì che in Usa e in Giappone già nel 2030 il cosiddetto settore della longevità arriverà a valere oltre la metà del Pil.

E l’Italia, in questo quadro, miete allori. Già oggi conta molti anziani: il 29% della popolazione ha più di 60 anni, mentre più del 23% è composto dalle persone over 65. La percentuale aumenterà ancora: il nostro è uno dei paesi in cui la speranza di vita è più alta nel mondo, 85 anni per le donne e 80,2 per gli uomini secondo le più recenti statistiche. Si prevede così che gli over 65 salgano nel 2050 al 34%. Solo Giappone e Germania stanno invecchiando più velocemente di noi: siamo, praticamente, medaglia di bronzo.

Ogni medaglia, ovviamente, ha il suo rovescio. Questi primati mettono a dura prova il sistema pensionistico e la tenuta del welfare. Vivere più a lungo è una benedizione, ma a condizione di poter vivere ulteriori anni e decenni in modo protetto e gradevole. A questo scopo, già diversi anni fa Linda Gratton e Andrew Scott invitavano, nel loro libro The 100-Year Life, a prendere coscienza dell’evoluzione in atto e sottolineavano l’esigenza di preparare la vita più lunga gestendo appropriatamente il risparmio, mobiliare e immobiliare, i futuri flussi finanziari, la relazione con figli e nipoti, la costruzione di una rete di rapporti sociali di supporto. E, naturalmente, un piano sanitario opportuno fondato su uno schema in parte pubblico e in parte privato. Ancora più focalizzato e preciso un nuovo libro dei due autori, La nuova longevità, che definisce in modo concreto il percorso che le nostre società dovranno imboccare per fare fronte alla rivoluzione dell’età.

In quest’ottica, i sistemi pubblici di welfare sono chiaramente una porzione non solo insufficiente a supportare esistenze così prolungate, ma anche una porzione decrescente. Da qui l’espansione di sistemi di risparmio e pensione integrativi, studiati e proposti per programmare razionalmente le risorse auspicate per un’esistenza più longeva, più sana e più felice.

Innovazione mirata

Gli anziani come consumatori sono, e sempre più saranno, un mercato importante, e le loro esigenze non soddisfatte possono essere fonte di innovazione nei prodotti/servizi e nei modelli di business. E, non meno importante, sono una riserva di forza lavoro per le organizzazioni.

Prendiamo, per esempio, il ritardo nelle infrastrutture e nei servizi per gli anziani. Secondo l’indice Global Age Watch di qualche tempo fa, per esempio l’Italia è al 39° posto per la qualità della vita dei senior. È un punto negativo ma, allo stesso tempo, rappresenta un’opportunità per chi colmerà il vuoto d’offerta.

Le città stesse dovranno essere ripensate a misura di età anziana avanzata: dal tipo di scalini (quelli troppo alti non vanno bene) alla presenza di maggiori sedute pubbliche per consentire pause di riposo ai senior che camminano. Un’altra area di enormi opportunità sono le tecnologie per gli anziani, soprattutto quelle digitali, che stanno avendo un vero e proprio boom, tanto da essere diventate una priorità per l’Unione europea: l’home banking è stata una vera e propria killer application della terza età; i medical device connessi in remoto hanno già iniziato un percorso destinato a breve a diventare una marcia trionfale. Chi riuscirà a sviluppare prodotti tecnologici con un design specifico per questo target ha ottime prospettive.

A questo va aggiunto che i servizi destinati ai senior, che toccano moltissimi settori merceologici (sanità, formazione continua, finanza, assicurazioni, ecc.), rimangono altamente frammentati, lasciando spazio per un consolidamento del mercato a opera di business integrator in grado di raggruppare entità piccole per cogliere le economie di scala e di scopo. Infine, la carenza di lavoratori qualificati che si abbatterà inevitabilmente sulle nostre economie, e che già si fa sentire, potrebbe venire colmata da senior richiamati in servizio grazie a formule flessibili adatte alle loro esigenze.

I loro bisogni dovranno essere compresi sempre più in profondità dalle aziende per fornire prodotti e servizi di successo e solo persone della stessa età potranno farlo con efficacia e completezza. Infatti, come notava qualche anno fa Luigi Pintor: «Della senilità si è scritto moltissimo, filosofi latini e romanzieri moderni, ma è una condizione che non può essere compresa per interposta persona. Si entra in un corpo estraneo ed imprevisto. Nessuno può farsi un’idea di questa mutazione senza sperimentarla, come nessuno può concepirsi formica senza esserlo».

Le promesse della scienza

Va bene. vivremo più a lungo, magari molto più a lungo. Ma quanto? Al di là dei rumors, cosa dice la scienza? A sorpresa, anche se forse non per tutti, la scienza ci crede: è possibile non solo allungare, e di molto, la vita umana, ma anche invertire l’orologio biologico. Ossia, quantomeno fermare il meccanismo di invecchiamento ma anche, ed è già realtà, invertirlo e provocare ringiovanimento delle cellule. Un recentissimo libro di Andrew Steele esibisce il titolo di Ageless. Ma più significativo è il sottotitolo: The New Science of Getting Older Without Getting Old, ossia cosa può fare la nuova scienza per consentire di invecchiare senza diventare vecchi. Ma che vuol dire? Significa che, nientemeno, secondo l’egregia sintesi dell’autore, la scienza e la tecnologia sono arrivate a un punto di svolta che sta portando l’umanità alle soglie di una sorta di “immortalità biologica”, grazie a terapie che possono condurre a uno stato di “trascurabile senescenza”. Attraverso la manipolazione genetica, si potrà arrivare, in tempi relativamente brevi, a terapie mirate non alla prevenzione della singola patologia, sia essa il cancro, il diabete, le malattie cardiovascolari e le degenerazioni neurologiche, oggi inevitabilmente connesse al progredire dell’età. Bensì a modificare e bloccare il processo stesso di invecchiamento, e magari invertirlo: in alcune varietà di insetti e nei topi la ricerca lo ha già realizzato e non si vede perché non possa, tra non moltissimo tempo, farne beneficiare anche gli umani.

La sintesi è affascinante e fantascientifica, e vale la pena ribadirla: prevenendo l’invecchiamento si prevengono in un colpo solo tutte le patologie portate dall’età e si elimina il concetto stesso di terapia specifica per una singola malattia.

Ha fatto sensazione, nell’aprile 2021, un dotto articolo uscito su The New York Times dal titolo “Possiamo vivere fino a 200 anni?”. La risposta, sostanzialmente affermativa, è articolata in un lungo elenco delle tappe che la medicina potrà compiere nei prossimi anni. E per prossimi anni si intende sia il breve e medio periodo, ossia tra i 5 e i 30 prossimi anni, sia il lungo e lunghissimo termine, ossia tra i 30 e i 100 anni prossimi. Un orizzonte troppo lungo? Decisamente no, se si pensa che già oggi l’aspettativa di vita si allunga di un mese ogni anno e che il numero degli ultracentenari sale con una curva molto ripida. Un aneddoto conclusivo rende concreta questa evoluzione: fino a pochi anni fa il governo giapponese premiava il passaggio dei 100 anni regalando una moneta d’oro a ogni fortunata/o. Oggi, che i neo-centenari sono diverse migliaia ogni anno, l’ambìto premio è stato cancellato. Il Giappone rinnova i complimenti, ma le casse del Tesoro non se lo possono più permettere.

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