Una nuova leadership per un mondo che cambia

5-07-2022 | News

Quali competenze per i leader di domani?

di Alessandro Cravera

Gli accadimenti degli ultimi due anni hanno messo a dura prova le competenze e le strategie dei leader politici e aziendali. La pandemia prima e la guerra in Ucraina poi sono stati il classico “cigno nero” per entrambi. Le politiche di governo e i piani strategici delle aziende elaborati prima del 2020 sono stati completamente stravolti da questi accadimenti.

In un suo recente articolo su Harvard Business Review Italia (luglio 2022), Marco Valigi scrive che includere la geopolitica tra le competenze connesse alla gestione del business consente di adottare un metodo di governo dell’impresa che abbraccia la complessità. Sono d’accordo con la sua affermazione e vorrei provare a fare un ulteriore passo in questa direzione.

La gestione aziendale sconta prassi e modelli decisionali che, pur considerati tuttora come best practice da perpetuare, rappresentano oggi un potente ostacolo alla competitività delle aziende. Mi riferisco in particolare a due aspetti: la ricerca di massima efficienza/ottimizzazione e l’abitudine a concepire la gestione d’impresa come un gioco finito.

Misurare la qualità delle decisioni e delle strategie prese dai leader sulla base di criteri quali l‘efficienza, la crescita di marginalità e l’ottimizzazione dei processi porta i leader a sviluppare una sorta di miopia strategica nei confronti dell’evoluzione degli scenari. Sono parametri che funzionano egregiamente in contesti stabili in cui il rischio di essere sorpresi da eventi imprevisti è molto basso. Tuttavia, nel mondo di oggi, in quanti e quali ambiti abbiamo questo tipo di stabilità?

La crisi economico-finanziaria del 2008, la pandemia e gli effetti geopolitici ed economici della recente guerra in Ucraina hanno reso evidente la crescita di complessità della realtà in cui viviamo. La complessità nasce da un alto livello di interconnessione e di interdipendenza delle variabili economiche, sociali e politiche che determina l’insorgere di effetti – le cosiddette “emergenze” (nel senso di “emergere”) non prevedibili a priori, soprattutto da modelli di pensiero e azione di tipo lineare.

In un contesto come questo, la ricerca dell’ottimo locale in un orizzonte temporale di breve rischia di generare impatti sistemici molto negativi a livello globale e spesso i leader restano sorpresi dalle conseguenze non intenzionali delle loro azioni e strategie. Ciò avviene perché si è caduti nell’errore di considerare stabile uno scenario che in realtà è complesso e in continua evoluzione. Si pensi, ad esempio, alle scelte compiute da alcuni Governi sulle fonti energetiche e alle strategie di delocalizzazione e di outsourcing compiute da alcune grandi imprese.

Il secondo ostacolo è dato dal continuare a considerare la gestione aziendale come un “gioco finito”. Dobbiamo a James Carse la distinzione tra giochi finiti e giochi infiniti. I primi hanno regole fisse, giocatori conosciuti e un obiettivo concordato in un dato tempo. I secondi, al contrario, sono praticati da giocatori anche sconosciuti, non hanno regole concordate a priori e non esiste una fine prestabilita.

Quando i leader concepiscono la gestione come un gioco finito, accrescono le probabilità che il gioco finisca davvero. Se l’unica prospettiva strategica è il bilancio di esercizio o, peggio, il trimestre, le decisioni dei leader possono intaccare significativamente le risorse e la competitività dell’azienda. Abbracciare la complessità significa, al contrario, riconoscerne il movimento, l’evoluzione e quindi gestire un’azienda o un Paese con un continuo dualismo tra presente e futuro, tra effetti di breve e di lungo, tra risultati e sostenibilità degli stessi.

Come possiamo aiutare i leader a essere più efficaci in un contesto così incerto? Introdurre e sviluppare competenze di geopolitica – come suggerito da Valigi – è certamente importante in quanto aiuta i leader ad avere una prospettiva evolutiva della realtà entro cui si muovono. Siamo abituati a pensare che le principali caratteristiche dei leader siano il carisma, la capacità di ispirare le persone e di influenzarle. In un mondo interdipendente, queste caratteristiche diventano accessorie. Sono utili ma non distinguono un leader efficace da uno che non lo è.

Consideriamo forte il leader che ha un forte seguito, appare è sicuro di sé e trasferisce questa sicurezza e la sua visione della realtà agli altri. In realtà, leader siffatti rischiano di adottare schemi di azione e strategie che sono frutto delle proprie convinzioni e best practice personali. Il loro approccio rischia di diventare ideologico e di generare effetti negativi sul sistema che devono governare.

Esercitare una leadership efficace in mondo complesso richiede la propensione a muoversi in ottica di “bene comune” e lo sviluppo di due competenze fondamentali: la capacità di comprendere il contesto in cui ci si muove (context reading), di plasmarlo (context shaping).

Muoversi in un’ottica di bene comune per un leader non rappresenta una scelta meramente etica. In una realtà interconnessa consente di adottare strategie che riducono i potenziali impatti negativi sul sistema e favoriscono una traiettoria positiva di evoluzione dell’ecosistema in cui l’azienda opera. A tal fine, i leader necessitano di ancorare le proprie azioni al reale contesto che stanno affrontando e alla sua potenziale evoluzione non facendosi influenzare da bias e visioni ideologiche della realtà. In questo senso la geopolitica rappresenta un abilitatore fondamentale per lo sviluppo di context reading.

Adattarsi al contesto però non è sufficiente. Le azioni dei leader devono essere generative, devono plasmarlo per creare le migliori condizioni per il raggiungimento dei risultati e per la loro sostenibilità nel tempo. Si pensi a come cambierebbe il mondo se a capo delle imprese globali e dei principali governi nazionali ci fossero leader con tali competenze. Non stiamo parlando di affidare la leadership a idealisti che disegnano un mondo utopico, ideologico e irrealizzabile, bensì ad architetti del futuro, consapevoli dei propri limiti, che lavorano per far emergere le migliori energie e orientare le strategie verso la sostenibilità e l’evoluzione della realtà entro cui operano.

Alessandro Cravera, Partner e Consigliere delegato di Newton S.p.A. Membro della Faculty dell’Executive MBA di ALTIS Università Cattolica e 24 Ore Business School.

Condividi questo contenuto su: