Questo articolo è la sintesi di quanto pubblicato in Macrotrends 2021 di Harvard Business Review Italia.
di Nicola Nobile
Anche se le incognite della pandemia rendono complesso delineare i futuri trend economici, alcune prospettive sembrano chiare: tassi di interessi vicino allo zero, scarsa inflazione e debiti pubblici in rialzo. La buona notizia è che, nel confuso scenario globale, l’Eurozona ha adottato misure tempestive e incisive che porteranno a una maggiore integrazione nei prossimi anni.
Dopo i fortissimi cali economici, mai visti in periodo di pace, ai quali abbiamo assistito nella prima parte del 2020, le informazioni disponibili confermano che la fase immediatamente successiva al lockdown è stata robusta, con un aumento record del PIL nel terzo trimestre 2020, malgrado alcuni segnali di rallentamento in alcuni settori. Oltre il terzo trimestre, infatti, la crescita sembra destinata a rallentare notevolmente. Le ultime previsioni Oxford Economics vedono infatti per il 2021 una crescita del Pil globale attorno al 5%, dopo un calo atteso di oltre il 4% quest’anno (va ricordato che durante la recessione finanziaria del 2009 il calo era stato solo dell’1,4%).
Le divergenze tra i diversi Paesi rimangono estremamente elevate in funzione sia di un impatto eterogeneo della pandemia, sia delle differenti risposte delle autorità di politica fiscale e monetaria. La Cina rimane l’unico tra i principali Paesi per il quale già per il 2020 è prevedibile una crescita economica positiva. Questo, a fronte di cali notevoli per tutti gli altri Paesi: Eurozona – 8%, Stati Uniti – 4%, Italia e Francia circa – 10%. Nel quinquennio 2021 – 2025, la crescita economica riprenderà ma su livelli al di sotto di quelli che si prevedevano prima della pandemia globale a causa, tra gli altri, di effetti negativi di lungo periodo sul mercato del lavoro, sulla produttività e sull’accumulazione di capitale.
Per quanto questo scenario si presenti per ora come il più probabile, le incertezze al riguardo rimangono relativamente elevate, soprattutto in funzione dell’andamento dell’epidemia. Incertezze che tendono, inoltre, ad aumentare con l’allungamento dell’orizzonte temporale. Alcune caratteristiche di fondo, tra loro interconnesse, dovrebbero però restare sostanzialmente invariate: bassi tassi di interesse e bassa inflazione accompagnati da un aumento vertiginoso dei debiti pubblici. I tassi rimarranno bassi perché l’inflazione rimarrà al di sotto dei target delle banche centrali. Inoltre, sebbene le banche centrali rimangano formalmente indipendenti rispetto alle autorità governative, in questa crisi si è visto un maggiore coordinamento tra politiche monetarie e politiche fiscali. Questo indubbiamente aiuta i Paesi con un alto debito pubblico (per esempio l’Italia) a mantenere il servizio del debito attorno a livelli sostenibili e a mantenere politiche fiscali espansive anche nei prossimi anni.
In un contesto di calo dell’attività economica e di forti stimoli di politica di bilancio, l’aumento dei debiti pubblici avrà una dinamica molto simile in tutti i Paesi delle economie avanzate. Gli Stati Uniti, i principali Paesi dell’eurozona (esclusa la Germania), il Giappone e il Regno Unito registreranno tutti un aumento del rapporto debito Pil nel 2020 di circa 20-30 punti percentuali rispetto al 2019.
Inoltre, i piani di rientro da questi alti livelli del debito saranno molto graduali e si distenderanno su un lasso di tempo relativamente lungo, anche allo scopo di scongiurare possibili crisi finanziarie legate al debito. Ciò potrà consentire di applicare una politica monetaria accomodante che, in un contesto di bassa inflazione, sarà ancora orientata a mantenere bassi tassi d’interesse. E questi a loro volta faranno sì che il servizio del debito possa rimanere su livelli sostenibili e a evitare, anche per i Paesi ad alto debito come l’Italia, l’implementazione eccessivamente rapida di politiche restrittive.
In Italia il debito pubblico salirà oltre il 160% del Pil, uno dei più alti al mondo. Sebbene sicuramente problematico, il debito pubblico italiano rimarrà sostenibile, quantomeno nei prossimi due anni, grazie al basso costo del servizio del debito. I pagamenti dell’Italia sul debito pubblico sono stati pari al 3,5% del PIL nel 2019. L’aumento provocato dalla risposta fiscale alla recessione del coronavirus porterà il debito a quasi il 4% del PIL dal 2020, un terzo rispetto alla media degli anni ’90, quando i pagamenti del debito dell’Italia erano regolarmente superiori al 10% del PIL. Questo ovviamente non implica che il livello del debito di un Paesi non sia importante in termini di sostenibilità, ma bassi tassi di interesse contribuiranno ad evitare una crisi debitoria dell’Italia nel breve termine.
La crisi in atto ha colpito tutti i Paesi indistintamente ma indubbiamente alcune economie, tra cui quella italiana, sono state colpite più di altre a causa della durezza delle politiche di contrasto alla diffusione del virus, della risposta delle politiche fiscali e dalla composizione settoriale. Mentre la Cina rimane l’unico dei Paesi principali per cui non si prevede un calo del PIL per quest’anno, tutti gli altri Paesi di grandi dimensioni subiranno nel 2020 un calo dell’attività economica in una misura che in passato si era registrato solo in periodi di guerra (Italia e Francia circa del 10%, Stati Uniti poco meno del 5% e Giappone di circa il 6%). Le incertezze sulla diffusione futura della pandemia e sugli effetti di lungo termine sulla struttura economica dei diversi Paesi rendono difficile delineare in modo univoco lo scenario macroeconomico futuro, ma pensiamo che lo shock derivante dal coronavirus avrà degli impatti di lungo termine sull’output potenziale, con impatto sulla produttività, ma anche sull’accumulazione di capitale e sulle dinamiche del mercato del lavoro.
Infine, possiamo essere quantomeno ragionevolmente certi che sarà caratterizzato dai tre fattori interconnessi ora descritti: tassi di interessi vicino allo zero, basse spinte inflazionistiche e debiti pubblici in rialzo.
Crescita economica e commercio mondiale 2019 – 2025
(var. % annue)
2019 | 2020 | 2021 | 2022 | 2023 | 2024 | 2025 | |
PIL reale | |||||||
Stati Uniti | 2,2 | -3,7 | 3,7 | 2,9 | 2,3 | 2,1 | 1,9 |
Canada | 1,7 | -5,1 | 6,2 | 2,7 | 2,2 | 1,5 | 1,6 |
Germania | 0,6 | -5,8 | 5,3 | 3,3 | 1,5 | 1,0 | 0,8 |
Francia | 1,5 | -10,1 | 7,0 | 4,4 | 3,3 | 1,9 | 1,4 |
Italia | 0,3 | -9,7 | 6,1 | 3,8 | 1,6 | 0,7 | 0,4 |
GB | 1,5 | -9,5 | 8,3 | 3,5 | 2,0 | 1,8 | 1,6 |
Giappone | 0,7 | -5,6 | 2,6 | 3,0 | 2,0 | 1,4 | 1,0 |
Cina | 6,1 | 2,3 | 7,6 | 5,0 | 4,8 | 4,8 | 4,7 |
India | 4,9 | -10,0 | 9,2 | 6,3 | 7,6 | 7,7 | 7,6 |
Brasile | 1,1 | -4,6 | 3,9 | 3,6 | 3,0 | 2,3 | 2,1 |
Mondo | 2,5 | -4,3 | 5,3 | 4,0 | 3,3 | 3,0 | 2,8 |
Commercio mondiale | 0,4 | -7,6 | 7,7 | 4,7 | 3,6 | 3,3 | 3,1 |
Nicola Nobile è Lead Economist di Oxford Economics, società di consulenza macroeconomica internazionale.