Carlo Petrini: «L’innovazione abbia le comunità al centro»

8-09-2020 | News

Carlo Petrini © Ivo Corrà 2020

«Non una, ma tre crisi: climatica, economica e pandemica. E una sola via per uscirne: la sostenibilità». È così che Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, legge le sfide della contemporaneità. «Serve un cambio di paradigma» avverte parlando al NOI Techpark di Bolzano, il parco tecnologico dell’Alto Adige, dove ha ricevuto il premio “alumni” della manifestazione Eckart Prize 2020. Un’occasione per riflettere sulla nuova era del comparto agroalimentare, e non solo. «La posta in gioco è altissima e l’innovazione sarà fondamentale in questa fase di cambiamento, ma attenzione, la finalità deve essere sempre e solo una: il bene delle comunità» mette in guardia. Il rischio? «Sfociare in una vuota tecnocrazia».

Del resto, la sua Slow Food nacque in tempi non sospetti, circa trentacinque anni fa, proprio per questo: promuovere un cibo «buono, pulito e giusto» e mettere in relazione, attraverso la pratica quotidiana, la ricerca e lo studio, gli agricoltori, i produttori e gli artigiani. «Una dimensione cooperativa che oggi dobbiamo recuperare, anteponendola a quella della mera competitività» afferma Petrini che, proprio a seguito di Covid-19, ha lanciato l’appello “Ripartiamo dalla terra” in favore dei piccoli produttori, richiamando a un’unione tra cuochi e contadini come leva fondamentale per rilanciare il settore ristorativo, duramente colpito dall’emergenza sanitaria.

La pandemia ha quindi rappresentato, in un quadro già indebolito dalla crisi economica e dal cambiamento climatico, un punto di svolta. Un’accelerazione inaspettata e al tempo stesso inarrestabile. «È arrivato il momento di lavorare insieme, riscoprendo il valore delle relazioni. In questo contesto, le nuove tecnologie possono aiutarci, ma non devono sovrastarci. Per questo, alla base di tutto, deve esserci la cultura» ribadisce colui che, oltre che di Slow Food,  è ideatore anche della rete dei contadini di Terra Madre, della festa del formaggio Cheese di Bra e dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. L’eduzione e l’informazione sono, infatti, centrali per la ripartenza, nonché chiave per fare buon uso dell’innovazione: «Non dobbiamo inventare nulla, ma approcciarci a queste tematiche con responsabilità e sostenibilità. Del resto – conclude – l’innovazione altro non è che una tradizione ben riuscita».

Silvia Pagliuca

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