L’IA confonde ancora molti italiani

5-07-2023 | News

Un sondaggo di Eumetra evidenzia come appena il 10% degli italiani abbia capito davvero cosa sia l’intelligenza artificiale e come funzioni

Di Renato Mannheimer

Foto di Mojahid Mottakin su Unsplash

Talvolta in modo consapevole, ma troppo spesso senza neppure rendercene conto, tutti noi la utilizziamo, e sempre più spesso. Parliamo dell’intelligenza artificiale, che ormai pervade la nostra vita quotidiana: è infatti presente in molte applicazioni del computer, del cellulare e persino in diversi elettrodomestici in commercio. Con l’avvento dell’intelligenza generativa e, in particolare, con la diffusione a partire dalla fine dello scorso anno di Chat GPT, l’IA sta diventando un fenomeno di massa sempre più presente e ammirato, anche se allo stesso tempo un po’ temuto.
E in quanto fenomeno di massa, come emerge da un recente sondaggio di Eumetra, condotto per RedOpen (spin-off dell’Università Bicocca di Milano) su un ampio campione rappresentativo degli italiani adulti, praticamente tutti (96%) gli intervistati ne hanno sentito parlare, due su tre (66%) addirittura “spesso”. Come era prevedibile, la notorietà diminuisce al crescere dell’età: ma anche metà degli ultracinquantenni ne ha comunque avuto notizia.
Se, però, al di là del mero “averne sentito parlare” si domanda al campione se sa anche grosso modo di cosa si tratta, la percentuale di risposte positive diminuisce drasticamente: solo il 10% afferma di sapere “bene” cosa sia l’intelligenza artificiale e come funzioni in realtà e più di uno su tre confessa di non averlo realmente capito.

Insomma, pur essendo sempre più citata dai media e in realtà utilizzata quotidianamente, l’intelligenza artificiale rimane un mistero per molti di noi, anche se molti dicono di averla sperimentata personalmente: addirittura un quarto della popolazione (23%) dichiara di avere comunque provato ChatGPT. E questa percentuale supera il 50% tra i giovani sotto i 24 anni, che l’hanno impiegata per lavoro, per gli studi, o per semplice curiosità. E metà della popolazione ha comunque adoperato un programma di assistenza vocale basato sull’IA, come ad esempio Alexa.
L’effetto di tutto questo è duplice e contradditorio. Da un lato, di affidamento totale e incondizionato: più dell’80% dichiara di fidarsi delle indicazioni e dei consigli ricevuti dall’intelligenza artificiale e di averli tranquillamente utilizzati per la propria vita e, in certi casi, per le proprie scelte. Dall’altro, però, emergono molte inquietudini. Non tanto (e non solo) per il “potere” che l’IA può, più o meno gradatamente, assumere nella nostra esistenza, quanto soprattutto per la propria privacy. Il 62% manifesta allarme per la conoscenza da parte di altri delle proprie abitudini e scelte e una percentuale ancora maggiore (76%) appare più in generale preoccupata per la diffusione – e per l’utilizzo non autorizzato da parte di aziende e individui – dei propri dati personali. 
Si teme anche la permanenza di questi dati nel web: la maggioranza (quasi il 70%) auspica al riguardo che tutte le informazioni relative ai propri comportamenti e ai propri atteggiamenti vengano cancellate dopo un certo numero di anni.

Insomma, l’esplosione dell’intelligenza artificiale costituisce una sorta di rivoluzione, paragonabile a quella dell’introduzione dell’elettricità o di altre tecnologie fondamentali. Solleva fascino ed entusiasmo, ma anche, come è sempre stato anche in passato, angosce e timori: questi non potranno però, prevedibilmente, ostacolarne lo sviluppo.

Renato Mannheimer, sociologo, Eumetra.

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