Su clima ed energia si fa ancora troppo poco

31-05-2023 | News

Come si è visto il mese scorso al G7 di Sapporo, si procede in ordine sparso e gli obiettivi al 2040 sembrano ancora irraggiungibili

Foto di Matt Palmer su Unsplash

Si moltiplicano le iniziative per accelerare la transizione energetica e per decarbonizzare le attività produttive su scala mondiale ma, come è recentemente emerso in occasione del G7 di Sapporo in Giappone (a metà aprile) i programmi sono in ritardo e urge un’azione concordata. E il ritardo lo si vede un po’ in tutti gli ambiti: cambiamento climatico, biodiversità, oceani, ma soprattutto energia, plastica, combustibili fossili, biocarburanti.
Del meeting di Sapporo i cittadini non sanno quasi niente che non riguardi la situazione geopolitica centrata sul conflitto russo-ucraino. Le questioni ambientali e di sostenibilità sono invece state riportate in pochissimi dettagli. Così vale la pena di sottolineare che sono uscite molte dichiarazioni e promesse ma decisi ben pochi strumenti per raggiungerle. “Siamo impegnati a porre fine all’inquinamento da plastica, con l’ambizione di ridurre a zero l’ulteriore inquinamento entro il 2040”, hanno dichiarato i ministri al termine della riunione, suggerendo per l’attuazione dell’obiettivo un generico ampliamento delle politiche di “economia circolare” e la riduzione o abbandono “delle plastiche usa e getta non riciclabili”.
Discorso analogo è quello per i combustibili fossili: “Sottolineiamo il nostro impegno, nel contesto di uno sforzo globale, per accelerare l’eliminazione graduale dei combustibili fossili in modo da raggiungere lo zero netto nei sistemi energetici entro il 2050 al più tardi”. E sui biocarburanti, altro tema caldo e molto discusso, il summit del G7 ha confermato l’importanza di questa risorsa per il processo di decarbonizzazione dell’industria automobilistica. Piccola soddifazione per l’Italia, citata come esempio virtuoso di ricerca e sviluppo del settore.
Ovviamente, le critiche da parte delle associazioni ambientaliste (e non solo) non sono mancate, anche se qualcuno, come per esempio l’International renewable energy agency (Irena), ha voluto sottolineare gli aspetti positivi del meeting: gli obiettivi dichiarati riflettono infatti le stime Irena per il G7, che prevedono 150 Gigawatt di eolico offshore e un Terawatt di solare fotovoltaico da realizzare entro il 2030.


Per quanto riguarda l’Italia, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha sottolineato che per affrontare le “tre crisi globali” in atto (cambiamento climatico, perdita di biodiversità, inquinamento) occorre “superare i confini” e accentuare la collaborazione con gli altri Paesi, in particolare in sede G20. Pichetto Fratin ha dedicato alcune osservazioni al tema della mitigazione: “Le azioni di mitigazione devono rimanere al centro di una nostra azione accelerata e rafforzata. Dobbiamo promuovere un adattamento efficace ed equo, per ridurre la vulnerabilità dei Paesi maggiormente esposti ai rischi climatici”. Il ministro ha poi sottolineato l’importanza dei Piani nazionali di adattamento, “tra i veicoli più efficaci” di cui disponiamo, considerando però prioritario “l’accesso agevolato ai dati climatici e socio-economici, un supporto all’accesso ai finanziamenti, un adeguato sistema di monitoraggio”.
Molti interventi hanno insistito sulla necessità di affrontare la crisi energetica e accelerare verso sistemi a emissioni nette zero. Lo ha fatto anche Pichetto Fratin, sottolineando l’impegno dell’Italia nell’efficienza energetica, considerato il “primo combustibile” del nostro Paese (poiché permette al contempo decarbonizzazione e risparmio).
Molti commenti, sia pure tardivi come quelli che circolano in questi giorni, ribadiscono che uno dei motivi per cui il G7 non ha dato grandi risultati è che a Sapporo si sono confrontate posizioni molto diverse: da un lato i Paesi europei che, bene o male, si stanno orientando verso l’abbandono dei combustibili fossili. Dall’altro il Giappone, che punta ancora su gas naturale liquefatto (Gnl) e gas naturale tradizionale (nella bozza di dichiarazione del vertice di Sapporo si sosteneva già che nuovi finanziamenti in Gnl e gas potessero essere considerati “in linea con i nostri obiettivi e impegni climatici”). Bloomberg ha pubblicato qualche giorno fa un interessante approfondimento sul Giappone e sulle sue traballanti politiche climatiche: la riduzione delle emissioni del Paese è ancora “molto lontana” da ciò che è necessario per raggiungere gli obiettivi climatici entro il 2030 e il net zero entro il 2050. Però, il Giappone è in buona compagnia. Secondo il Climate action tracker, nonostante il loro “enorme contributo al riscaldamento del pianeta”, nessun Paese del G7 ha preso impegni sufficienti per permettere un riscaldamento che non superi gli 1,5°C. Al contrario degli altri membri del G7, però, il Giappone fa grande affidamento per la decarbonizzazione sulla cattura del carbonio, sull’idrogeno e sulla co-combustione del carbone con l’ammonica, soluzione molto criticata da alcuni scienziati in quanto tecnologia con “un potenziale limitato di riduzione delle emissioni, competitività dei costi e fattibilità tecnica”, oltre a essere un via libera alla prosecuzione dell’inquinamento da fonti fossili.


Una risoluzione positiva concerne il campo delle materie prime critiche, su cui il G7 ha promesso di mettere in piedi un Piano d’azione comune sia per calcolare domanda e offerta di cobalto, litio, nickel e altri minerali importanti per la transizione, sia per accelerare sul versante del riciclo di queste materie. Lo sviluppo di catene di approvvigionamento autonome aiuterebbe a ridurre la dipendenza dal mercato cinese e indiano (entrambi stanno mettendo un pericoloso freno alle esportazioni) e favorirebbe l’espansione del mercato delle batterie e la costruzione di infrastrutture di energia pulita.

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