Imparare a convivere con la scarsità d’acqua

20-06-2023 | News

I cambiamenti climatici stanno mettendo alla prova Paesi ed economie, ma secondo Cassa Depositi e Prestiti con il Piano per l’Adattamento ai cambiamenti Climatici è possibile imparare a gestire un flusso delle piogge sempre più discontinuo.

di Dan Meyers su Unsplash

Non solo la siccità e le ricadute preoccupanti su tanti settori produttivi, in primis l’agricoltura. Il Cambiamento climatico e le conseguenze sulla disponibilità idrica possono mettere a rischio anche la disponibilità di energia e quindi la transizione energetica.

A lanciare l’allarme è uno studio di Cassa Depositi e Prestiti, secondo il quale il susseguirsi di eventi metereologici lontani dagli standard nazionali, come l’innevamento ai minimi storici da una parte e le alluvioni come quella, drammatica, che ha colpito l’Emilia-Romagna dall’altra, mettono in luce come il cambiamento climatico sia un fatto reale, che affligge, fra gli altri anche il settore energetico.

E questo rappresenta un grosso problema, in quanto l’idroelettrico non solo è la prima fonte rinnovabile, gioca anche un ruolo importante nell’integrazione di altre fonti rinnovabili.

La mancanza di acqua in dosi sufficienti e costanti fa preoccupare il comparto dell’energia sostanzialmente per due motivi. Il primo è rappresentato dalla vulnerabilità del sistema. Meno acqua significa anche una minore produzione di energia idroelettrica e una potenziale interruzione di quella termoelettrica. Il secondo è che il processo di transizione richiede l’utilizzo di alcune tecnologie a base emissioni di carbonio, ma bisognose di una notevole quantità di acqua. Una situazione preoccupante, dalla quale non si esce nemmeno promuovendo soluzioni alternative alla scarsità di acqua. Tecnologie disponibili per il la dissalazione o la depurazione al fine di riutilizzare l’acqua consumano molta energia. E quindi siamo punto da capo. E con poco tempo a disposizione.

L’inverno 2021-2022 ha rappresentato il campanello di allarme definitivo, visto che è stato registrato come il più mite e secco degli ultimi 30 anni, con anomalie della temperatura e il 65% in meno di precipitazioni. Se con l’acqua va male, nel 2023 con la neve è andata anche peggio. Le cime appena spruzzate di neve, lontane da quelle bianche imponenti del passato, hanno impressionato gli sciatori, ma questo sarebbe il minore dei problemi. L’equivalente idrico nivale, ossia la quantità presente della neve al suolo si è ridotto del 64% rispetto agli anni precedenti.

Il problema non riguarda solo l’Italia. Anche Francia e Spagna hanno vissuto inverni secchi e registrato ‘anomalie considerevoli’ nell’umidità del suolo e nella portata dei fiumi. La genericità del fenomeno e la sua ripetitività, non permettono più di definirlo ‘un’emergenza’, ma al contrario è diventato strutturale, con tutte le ripercussioni economiche e sociali del caso. Nel sud Europa la scarsità idrica colpisce una percentuale crescente della popolazione. Sempre a livello europeo, è stato calcolato che la perdita economica legata alla siccità sia di 9 miliardi di euro all’anno. Il settore agricolo è il più colpito, con perdite fra il 39 e il 60%, seguito da quello energetico, con il 22-48%.     

Il nesso acqua-energia è imprescindibile e rappresenta il primo passo per assicurare una transizione energetica virtuosa ed effettiva. Nel 2022 l’Italia è stato il Paese che ha registrato un maggior calo di produzione di energia rispetto al 2021, con 17 TWh. Male anche Francia e Spagna, con valori superiori a 10 TWh. A causa della mancanza di acqua si sono dovuti fermare centrali termoelettriche particolarmente importanti come quelle di Moncalieri (Torino), Sermide (Mantova) e alcuni gruppi di Ostiglia (Mantova). Anche la Francia risente del problema, non solo per la produzione di energia idroelettrica, ma anche per quella nucleare, che nel settembre 2022 ha fatto segnare una diminuzione della produzione del 38% rispetto all’anno precedente.

Come se non bastasse, meno acqua significa anche limitazione di progetti energetici chiave per il futuro. Basti pensare che alcune delle materie prime considerate più strategiche, come il litio, per essere estratte hanno bisogno proprio di ingenti quantità di acqua per la fase di esplorazione, estrazione, lavorazione iniziale e trasporto.                                                                                                                                       

Se si conta che entro il 2050 la domanda di acqua raddoppierà o triplicherà, conviene prepararsi.

Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti climatici, che al momento si trova in fase si approvazione, secondo Cassa Depositi e Prestiti rappresenta uno strumento importante per ridurre i rischi derivanti dai cambiamenti climatici. Il Piano propone azioni di due tipi. Quelle denominate ‘soft’ non richiedono interventi strutturali diretti. Ci sono poi le misure ‘grey’ che sono relative al miglioramento e adeguamento al cambiamento climatico.

Una delle prime mosse è quella di utilizzare nuove tecnologie per ridurre l’impiego di risorse idriche e usarle dove più servono. Un esempio concreto sono i sistemi di raffreddamento a ciclo chiuso o ad aria, che rappresentano un’ottima alternativa in termini di efficienza a quelli che funzionano con la ben più preziosa acqua.

Un altro punto su cui lavorare è lo stoccaggio. In previsione dell’irregolarità di precipitazioni dovute al cambiamento climatico, è necessario aumentare il volume dei serbatoi. Questo avrebbe un effetto positivo anche sull’interrimento delle dighe, ossia l’accumulo di sedimenti di materiali nel bacino idrografico, che vengono trasportati dai fiumi e che irrimediabilmente finiscono negli invasi. Il problema interessa in particolare le dighe italiane, che hanno un’età media abbastanza elevata. È stato calcolato che a fronte dei circa 13,6 miliardi di metri cubi di acqua invasabile ben quattro siano resi inutilizzabili a causa dei depositi interrati.

Non va, in ultimo, dimenticato il necessario intervento sugli impianti esistenti. Vanno create le condizioni per potenziare la capacità produttiva, passando anche dall’utilizzo delle nuove tecnologie e della digitalizzazione. Questo consentirà di migliorare la producibilità e la flessibilità degli impianti e a garantire buone rese anche in condizioni di minore disponibilità di risorse idriche.

Condividi questo contenuto su: