Videogiochi, tra inclusione e accessibilità il divertimento è per tutti

24-08-2020 | News

I videogiochi fanno male alla salute. Quante volte si è letto che sparatutto e open world avrebbero ispirato, o perfino addestrato (già, proprio così) i peggiori stragisti della nostra epoca. E, ancora, quante volte il mondo del gaming è stato associato all’isolamento e alla depressione dei giovanissimi. Hikikomori è un termine giapponese ormai entrato nell’immaginario collettivo: sono i ragazzi e ragazze che non escono mai dalla propria camera, impegnati a vivere la loro seconda vita online, al sicuro dai rischi della vita reale.

La questione è seria, ma perché mai questo dramma sociale dovrebbe investire un intero settore fatto non soltanto di professionisti, industrie miliardarie, appassionati di ogni età (sia maschi, sia femmine) e tanto sano divertimento? Il mondo del gaming è anche inclusione e accessibilità, un linguaggio che fa da ponte tra le persone, un’occasione di comunicazione per la disabilità.

In Giappone, culla del mondo videoludico, è stato inaugurato di recente un centro anziani dove l’occupazione principale degli ospiti è quella di impratichirsi e divertirsi in compagnia su console e pc. A Kobe, città vicino a Osaka, l’ISR Esports è il luogo di intrattenimento per la terza età: nelle foto circolate online si vede, ad esempio, che tra i titoli installati c’è il fortunatissimo Fortnite, la gemma più splendente della software house statunitense Epic Games. In tutto il mondo gli account registrati sono 350 milioni.

I numeri del gaming in Italia

L’IIDEA, l’Italia Interactive Digital Entertainment Association, realizza ogni anno report per catturare un’istantanea del divertimento videoludico nel nostro paese. Ad aprile sono stati resi noti i numeri dei 12 mesi precedenti: 17 milioni di gamers lungo lo Stivale (pari al 39% della popolazione) spalmati su fasce d’età che vanno dai 6 ai 64 anni; metà uomini e metà donne; il fatturato del settore software ha totalizzato 1,4 miliardi di euro (+17,3%). Numeri incoraggianti per l’industria e le case di sviluppo, spesso giovani startup. Numeri che fanno chiarezza sulla questione di fondo: i videogiochi fanno per tutti e piacciono a moltissimi.

Comandi accessibili e nuovi linguaggi per la disabilità

Per citare l’esempio più celebre delle ultime settimane basta guardare alle tantissime accessibilità di comandi di The Last of Us 2, l’ultimo titolo della software house Naughty Dog, forse il gioco più atteso dell’anno e il capolavoro definitivo su PlayStation 4, in attesa della nuova generazione della console di Sony. Come si legge su Multiplayer, gli sviluppatori hanno considerato anche i videogiocatori con disabilità, per permettergli di divertirsi nei panni di Ellie: combattimento semplificato, modalità moviola, utilizzo del contrasto cromatico per individuare gli avversari in arrivo. Insomma, tutto al servizio del consumatore digitale, chiunque esso sia, qualunque siano le sue capacità di maneggiare un joypad. La disabilità trova infine un nuovo linguaggio nel mondo del gaming. Ne ha parlato uno sviluppatore provetto dietro a un titolo gratuito ispirato all’oratoria del Governatore della Campania, Vincenzo De Luca. «Il gioco è nato per scherzo, un week end, insieme a mio fratello. Con lui, affetto da autismo, ho già fatto diversi progetti – ha detto Luigi Sannino, 23 anni, di Napoli – Penso che il mondo dei videogiochi possa davvero aiutare le famiglie che vivono situazioni di questo tipo. Stimolare la creatività di queste persone è un modo per comunicare con loro».

Alessandro Di Stefano

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