Microchip sottocutaneo, in Svezia è già realtà. E presto potrebbe arrivare in Italia

14-08-2020 | News

microchip sottocutaneo

Un futuro in cui il corpo umano potrebbe diventare il device attraverso il quale condividere dati ed accedere a servizi. Fino a poco tempo fa avremmo relegato queste fantasie ad ambientazioni filmiche e fantascientifiche, in stile Blade Runner o Matrix. Oggi è realtà, con tutti i dubbi etici che una tecnologia del genere può portare con sé. Stiamo parlando di un microchip sottocutaneo che consente di aprire le porte di casa e dell’ufficio, di mostrare il proprio titolo di viaggio sul treno o di pagare gli acquisti come già oggi si fa con una normale carta di credito contactless.

Ilgi Evecan: «Con il microchip risparmio tempo e pensieri»

La storia di Ilgi Evecan, raccontata in un’intervista a La Stampa, è indicativa. La manager svedese, che lavora per il gruppo Pernod Richard Absolut Vodka, è stata una delle prime a farsi fare l’impianto due anni fa: e ora, stando alle sue parole, non tornerebbe più indietro. «Mi sono fatta impiantare il chip per semplificarmi la vita e perché sono molto curiosa, adoro le novità e l’esplorazione delle potenzialità della tecnologia. Sono svedese, sono banalmente pragmatica, e il chip mi fa risparmiare tempo e pensieri». Con il microchip impiantato sottopelle, Ilgi entra in palestra, paga il treno, prenota biglietti al teatro, al cinema, lo usa al posto del badge per entrare in ufficio, effettua pagamenti (per ora limitati).

Ilgi Evecan al momento dell’impianto del microchip sottocutaneo

È sufficiente appoggiare la mano chippata sullo smartphone su cui vuole scaricare i dati e il destinatario, attraverso una app, riceve contatto, presentazione e qualsiasi informazione Ilgi decida di condividere. «L’impianto è praticamente indolore, come un leggero pizzicotto. Me lo ha fatto un tatuatore durante un Nordic Technologic Summit a Stoccolma» spiega la manager svedese. Costo? 100 euro e il microchip viene impiantato in 5 minuti. Gli impianti utilizzano la tecnologia Nfc-Rfid (identificazione a radio frequenza) passiva, ovvero non hanno una batteria o altra fonte di alimentazione e quindi non possono trasmettere alcun segnale in modo indipendente. Sarebbero inoltre dotati di protocolli di sicurezza avanzatissimi. A chi obietta che qualsiasi dispositivo possa essere hackerabile, i creatori del chip rispondono che seguendo questo criterio dovremmo buttare anche i nostri telefoni e le nostre carte di credito contactless.

Microchip sottocutaneo, Biohax guarda all’Italia

Pare che in Svezia, secondo quanto racconta un articolo di Euronews, siano già migliaia i cittadini che hanno accettato di testare su di sé questa tecnologia. E il prossimo mercato potrebbe essere proprio l’Italia: una delle aziende più attive del settore, la svedese Biohax, sostiene che il microchip è in attesa di approvazione nel nostro paese da parte dei centri medici e del ministero della salute. L’azienda prevede di impiantare un chip in circa 2.500 persone nei primi 6-8 mesi a Milano e Roma. Notizia che ha già messo in allerta schiere di complottisti da tastiera: le teorie cospirazioniste si moltiplicano, con vere e proprie bufale circolate in rete che accusavano il premier Conte di essere in combutta con gli svedesi per installare microchip all’insaputa degli italiani.

Sjöblad il bodyhacker: così monitoreremo la salute

La startup a cui si è rivolta Ilgi Evecan, citata in un articolo del Guardian, si chiama invece Dsruptive e il suo mentore è Hannes Sjöblad, associato alla comunità transumanista in Svezia e co-fondatore della rete di Bionyfiken. Si definisce un bodyhacker, e la sua visione è quella di un futuro in cui il corpo umano avrà capacità “radicalmente diverse” rispetto a oggi. I microchip di Dsruptive, infatti, vanno ben oltre ciò che aveva descritto la manager svedese nell’intervista a La Stampa perché si occupano anche di salute. Una soluzione per monitorare lo stato di salute delle persone, soprattutto in tempi di pandemia come i nostri? Le applicazioni potrebbero davvero essere innumerevoli, soprattutto nel campo della diagnostica remota: impianti sottocutanei di piccole dimensioni, dotati di sensori che consentono agli utenti di verificare i parametri vitali (battito cardiaco, pressione, temperatura), e in caso di malattie l’alterazione dei valori, in qualsiasi momento semplicemente scorrendo l’impianto con il telefono.

Andrea Fasulo

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