I rischi di una guerra per le materie prime

7-09-2022 | News

Da qualche tempo i mercati mondiali delle risorse sono in tensione per motivi economici ma anche geopolitici. Con prezzi in crescita e disponibilità in calo. E in futuro potremo assistere a veri e propri confitti per il controllo delle risorse.

Di Alessandro Giraudo

Prezzi e scarsità. Da più di un anno a questa parte, sui mercati mondiali scarseggiano molte materie prime e, come naturale conseguenza, i prezzi di alcune sono schizzati alle stelle. Con la guerra russo-ucraina la situazione si è ulteriormente aggravata e ci si chiede se e quando la situazione potrà tornare a equilibri precrisi. La questione delle risorse, però, non ha solo caratteri congiunturali ma anche e soprattutto strutturali e, per capire quanto succede e quanto succederà nei prossimi anni, occorre tenere conto soprattutto dei secondi. In questo articolo ne vedremo alcuni.

Domanda in ascesa

La domanda mondiale di metalli si è moltiplicata per 8 nel periodo 1950-2020. Bisogna comparare questo dato con l’evoluzione della produzione mondiale di petrolio che nel 1950 era di 10 milioni di barili/giorno, contro quella attuale di circa 100 milioni, e con una popolazione passata da 2,5 miliardi di individui nel 1950 a 7,7 nel 2020 e ormai quasi 8 nel 2022, secondo le stime delle Nazioni Unite!

È interessante segnalare che l’offerta ha seguito la domanda, evidentemente con contraccolpi, tensioni, momenti di scarsità e di sovrabbondanza. Ma gli incredibili progressi della tecnologia hanno permesso di adeguare, anche se con dei ritardi, l’offerta alla domanda. I cicli dell’industria mineraria e dell’energia, infatti, sono lunghi: fra la decisione di realizzare un investimento e la produzione della prima goccia di petrolio passano in media 7-10 anni e nel caso delle miniere passano 10-15 anni prima di ottenere il primo lingotto di metallo puro. Invece nel settore agricolo i tempi naturali sono molto più brevi: nel caso dei cereali ci vogliono in media 6 mesi fra le semine e i raccolti, con due raccolti mondiali per anno in funzione dei due emisferi; per certi altri prodotti sono necessari tempi più lunghi: 2-3 anni per gli ananas, un paio di anni per il caffè, 18 mesi per ottenere un banano che produce 6 mesi dopo i frutti…e così via.

I progressi tecnologici compensano la minore produttività

Il tenore delle miniere è, in generale, alquanto diminuito. Per esempio, attualmente da una tonnellata di terra contenente del rame si estraggono in media 4 chili di metallo puro, contro almeno il doppio di 70 anni or sono; e, da una tonnellata di terra contenente dell’oro, estratta a 4.000 metri nel sottosuolo, ora si ricavano 4-5 grammi contro più del doppio 70 anni fa. In alcune miniere a cielo aperto, in Australia e nelle isole a est, le imprese generano profitti lavorando migliaia di tonnellate di terra da cui estraggono da mezzo grammo a un grammo di metallo giallo per tonnellata. Sono miniere che dispongono di enormi draghe e camion da cava che trasportano ben 350 tonnellate; i famosi Belaz bielorussi sono addirittura capaci di trasportare 450 tonnellate di terra, l’equivalente di una dozzina di camion con rimorchio che vediamo sfrecciare sulle autostrade.

E ora, sotto le grandi miniere a cielo aperto, quando vengono trovati dei filoni di metalli di base sono impiegate sempre più le classiche tecniche minerarie con tunnel sotterranei per continuare ad estrarre materiali. Si tratta, dunque, di progressi che, come nel caso del petrolio e del gas di scisto e delle trivellazioni diagonali, sono enormi, con un impatto sui prezzi importante.

I futuri rialzi della domanda

Le scelte del mondo politico su base internazionale sono molto chiare: decarbonizzazione dell’economia e ricorso alle tecnologie verdi e sostenibili. Una scelta lodevole, perché evita di aggravare la situazione delle risorse nel pianeta intero, ma che rappresenta anche un forte incremento della domanda di metalli. Le nuove tecnologie più pulite richiedono, infatti, più metalli tradizionali, ma soprattutto non tradizionali, come l’indio (che permette la luminosità degli schermi), il niobio (essenziale nei sistemi eolici di produzione elettrica), l’ittrio (lampadine a basso consumo), l’europio (laser), l’erbio (medicina nucleare e telecomunicazioni ottiche), solo per citarne alcuni. Nel nostro smartphone ci sono almeno 40 metalli e tutte le 5.000 medaglie olimpiche dei giochi olimpici di Tokyo del 2021 sono state prodotte riciclando oltre 6 milioni di telefonini!

Ci sono varie stime sull’incremento molto importante dei consumi. Per esempio, nel caso del rame, si prevede un aumento della domanda del 15% entro il 2025, del 28% per il cobalto, del 35% per il nickel e per il litio. Le installazioni di sistemi solari ed eolici hanno registrato un incremento di 249 gigawatt (Gw) nel 2020 e questo trend dovrebbe continuare nei prossimi anni con una media annua di 217 Gw entro il 2025. Il consumo di rame per la produzione di pannelli solari dovrebbe salire di 560 mila tonnellate entro il 2025 e la domanda per la produzione di sistemi eolici dovrebbe crescere di 503 mila tonnellate entro la stessa data.

La produzione delle auto elettriche (batterie e struttura elettrica del veicolo) dovrebbe svilupparsi in misura molto consistente dato che un’auto a propulsione termica contiene 20-30 kg di rame a seconda delle dimensioni e che un’auto elettrica ne contiene in media 50 kg. Inoltre, la costruzione di una rete di distribuzione elettrica destinata a ricaricare le batterie delle auto rappresenta una domanda di rame formidabile.

Le auto elettriche, che dovrebbero passare da una produzione di 6,2 milioni di unità nel 2021 a più di 13 milioni nel 2025, sono anche importanti consumatrici di nickel e di cobalto per le batterie. Si tratta di due metalli che, per ora, la tecnologia non sa rimpiazzare e la cui domanda dovrebbe salire entro il 2025 di 480 mila tonnellate (litio) e di 69 mila tonnellate (cobalto). 

E non dimentichiamo che, se per il petrolio l’OPEC rappresenta circa il 40% della produzione mondiale, la Cina da sola rappresenta oltre il 90% della capacità di raffinazione delle terre rare, quasi il 60% di quella del litio e oltre il 60% di quella del cobalto, ma anche il 70% della capacità di produzione mondiale di celle fotovoltaiche e 50% della capacità di produzione mondiale di turbine eoliche. La domanda di turbine eoliche e pannelli fotovoltaici dovrebbe aumentare da 3 a 4 volte nei prossimi 10 anni; la domanda di materiali strategici dovrebbe aumentare tra 4 e 6 volte entro il 2050, secondo le previsioni dell’IEA.

Le battaglie su rame, nickel, litio e cobalto

Sono quindi prevedibili forti tensioni fra domanda e offerta per una serie di metalli, fra cui il rame, il nickel, il litio e il cobalto, oltre a metalli minori di cui la Cina è un grande produttore-esportatore. Sono in corso investimenti importanti per incrementare la produzione e le imprese stanno raccogliendo dei capitali sui mercati azionari e obbligazionari per realizzare i loro programmi. Ma queste imprese incontrano problemi di logistica e di disponibilità di energia per realizzare i lavori di estrazione e di raffinazione: molte miniere (soprattutto le nuove) sono, infatti, localizzate in aree sempre più lontane dalle reti di comunicazione già esistenti.

Occorre osservare ancora una volta il ventaglio dei produttori, sapendo che spesso il panorama dei Paesi è molto concentrato; questa realtà può alimentare tensioni innanzitutto economiche e, in secondo luogo, geo-politiche. Per questi metalli, i grandi produttori sono localizzati in Cile, Russia, Cina, Australia e, nel caso del cobalto, nella Repubblica Democratica del Congo, il grande paese dell’Africa centrale che è una vera cornucopia dei metalli, ma che è “malato” di una grande instabilità politica.

Le vicende militari in Ucraina e il loro impatto sull’offerta di materie prime russo-ucraine devono dunque indurre a interrogarsi sulle strategie in corso. Alcune scelte di determinati Paesi (come, per esempio, la Cina) di procurarsi stabilmente delle risorse naturali in vari paesi nel mondo, in particolare in Africa, sono rivelatrici di quelle che sono le sfide che ci aspettano. 

Il possesso di materie prime più o meno strategiche ha sempre procurato potere ai Paesi che le estraevano, ma la tecnologia che accompagna queste materie prime è l’altra faccia della medaglia. Quindi il know how tecnologico necessario per utilizzare queste materie prime diventa strategico quanto il loro possesso.

Alessandro Giraudo insegna Finanza Internazionale in una Grande Ecole di Parigi. È autore di Storie straordinarie delle materie prime 1 & 2 (ADD editore).

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