Idrogeno protagonista nella transizione energetica. I piani dell’Italia nel quadro europeo

21-10-2020 | News

idrogeno energia

L’idrogeno è davvero una delle soluzioni energetiche più promettenti, convenienti e sostenibili per combattere il riscaldamento climatico da qui ai prossimi anni? Attualmente per produrlo si utilizzano quasi interamente combustibili fossili, causando l’emissione in atmosfera di circa 830 milioni di tonnellate di Co2. Solo una produzione attraverso le fonti rinnovabili, il cosiddetto idrogeno verde, potrà permettere di accelerare lungo la strada della transizione energetica.

L’Unione Europea ha deciso di puntare molto sull’idrogeno, avviando un programma trentennale per incentivarne la produzione a scopo energetico. Gli investimenti cumulativi potrebbero arrivare a una cifra che va dai 180 ai 470 miliardi di euro entro il 2050. La roadmap europea, presentata a luglio, prevede un approccio in più fasi: dal 2020 al 2024 una produzione fino a un milione di tonnellate di idrogeno rinnovabile; tra il 2025 e il 2030 l’idrogeno dovrà entrare nel sistema energetico integrato, con la produzione fino a dieci milioni di tonnellate; tra il 2030 e il 2050 le tecnologie basate sull’idrogeno rinnovabile dovrebbero raggiungere la maturità e trovare applicazione su larga scala in tutti i settori difficili da decarbonizzare.

La locomotiva tedesca viaggia a idrogeno

A trainare lo sviluppo dell’idrogeno in Europa è soprattutto la Germania, che a giugno ha annunciato un piano di investimenti da 9 miliardi di euro in questo settore. Recentemente il governo tedesco ha annunciato di voler acquistare idrogeno prodotto in Australia, grazie ai suoi estesi impianti di energia solare ed eolica, per poi spedirlo in forma liquefatta all’emisfero nord, usando una flotta riconfigurata di navi cisterna ecocompatibili. Anche il Regno Unito si prepara a puntare sulla produzione di idrogeno verde, sfruttando le potenzialità dell’eolico offshore. Secondo le prospettive tracciate in un report dell’Offshore Wind Industry Council, forum governativo e industriale britannico, potrebbe nascere un’industria nazionale del valore di 320 miliardi di sterline (quasi 350 miliardi di euro) in grado di sostenere fino a 120mila posti di lavoro entro il 2050.

Anche i privati stanno accelerando sul fronte della ricerca, soprattutto nel settore dei trasporti. Airbus ha annunciato un velivolo a idrogeno per il 2035: il costruttore europeo intende essere il primo a mettere in servizio un apparecchio di questo tipo, ad emissioni zero, battendo la concorrenza dell’americana Boeing. Anche nel trasporto su gomma si annunciano novità: Daimler Trucks ha svelato il proprio concept truck che, primo al mondo, è costruito con celle a combustibile basate su idrogeno liquido, dotato di un’autonomia di oltre 1.000 km.

L’Italia lo inserisce nel Recovery Plan

Su questo fronte ha cominciato a muoversi anche l’Italia. Pochi giorni fa il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli ha annunciato che «tra la manovra di bilancio di dicembre e le risorse del Recovery Plan non potranno esserci meno di 3 miliardi per l’Ipcei (progetto di interesse comune europeo) per l’idrogeno». L’idrogeno è tra le principali proposte del Mise per il Piano per la ripresa che il governo dovrà trasmettere tra gennaio e aprile 2021 alla Ue per accedere al Recovery Fund.

Esempi innovativi di applicazione delle tecnologie basate sull’idrogeno non mancano. L’Alto Adige, ad esempio, è tra le aree del Paese più attive nello sviluppo di strategie per la sostenibilità. Il NOI Techpark Brunico – polo tecnologico dedicato all’automotive e centro polifunzionale con laboratori di ricerca che nascerà nel 2022 – sarà dotato di un impianto di produzione e stoccaggio di energia a idrogeno, grazie a una tecnologia innovativa capace di accumulare l’elettricità prodotta dai pannelli fotovoltaici installati sul tetto dell’edificio.

Ma, ora più che mai, serve una strategia nazionale di lungo periodo. Secondo Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, in cinque anni l’idrogeno arriverà a costare come il petrolio, trasformandosi in una fonte di energia molto più competitiva e pilastro della transizione sostenibile. Uno studio di The European House-Ambrosetti in collaborazione con Snam, rileva che le attività della filiera dell’idrogeno potranno generare una produzione totale (diretta, indiretta e indotta) di 24 miliardi di euro nel 2030. Il valore cumulato nel periodo 2020-2050 raggiungerebbe 1.500 miliardi di euro in uno scenario di sviluppo accelerato. Nel comparto l’Italia è ben posizionata e competitiva grazie al fondamentale vantaggio geografico.

Dal Nord Africa al Nord Europa

Lo studio rileva che il nostro Paese potrebbe usare la sua rete del gas, già molto sviluppata, per portare in Europa l’idrogeno prodotto in Nord Africa da fonti rinnovabili, in particolare energia solare. Snam ha fatto sapere che i suoi tubi sono pronti a trasportare il 100% di idrogeno. L’azienda sta implementando programmi di investimenti pari a 6,5 miliardi di euro, di cui una parte consistente, pari a 1,5 miliardi, sarà destinata ai nuovi business, tra i quali l’idrogeno occupa una posizione prioritaria. Di questa strategia fa parte il recente protocollo di intesa siglato con A2a che prevede lo studio di fattibilità di progetti sulla conversione delle centrali termoelettriche di A2a da carbone a gas naturale, idrogeno o miscele gas naturale/idrogeno.

Dopo decenni di false partenze, ripensamenti e rilanci, l’idrogeno sembra dunque aver raggiunto una fase di maturità tecnologica tale da consentire un suo impiego su più vasta scala. Un potenziale economico e finanziario enorme, in grado di cambiare drasticamente il destino del mercato energetico globale.

Andrea Fasulo

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