La scuola del futuro? Eleonora Saladino: «Tecnologia per potenziare le relazioni. Ma l’aula non sparirà»

14-09-2020 | News

Finalmente ci siamo: il momento forse più atteso dalla fine della fase acuta dell’emergenza Covid è arrivato. La riapertura delle scuole, con tutte le polemiche che ha portato con sé, è realtà. Sono 5,6 milioni gli studenti che tornano sui banchi dopo sei mesi: una scommessa sul futuro stesso del Paese. Ma che scuola sarà? A parte le doverose, e spesso problematiche nella loro applicazione, misure di sicurezza sanitaria. Siamo entrati nella scuola del futuro? O sarà ancora un anno di transizione, vittima della condizione emergenziale che stiamo vivendo? Ne parliamo con Eleonora Saladino, prima psicologa italiana con una Laurea magistrale in Psicologia Positiva, docente di Negoziazione e Tecniche di vendita e Neuroselling, formatrice certificata e divulgatrice. E autrice, con la collaborazione di Annalisa Brichese, Fabio Caon e Carlos Alberto Melero Rodríguez, dell’e-book “Didattica a distanza” (Pearson). Un volume nato per aiutare i docenti a trasformare la formazione a distanza in un’occasione di sviluppo di abilità personali importanti per nutrire la resilienza e aumentare la capacità di apprendimento in una società in continuo e costante cambiamento.

Eleonora Saladino

Dottoressa Saladino, in che modo l’impatto della pandemia e del distanziamento sociale si è fatto sentire sulla didattica? E come si riuscirà a recuperare una certa normalità?

All’inizio dell’emergenza sanitaria si diceva “andrà tutto bene”, la verità è che “andrà tutto come lo faremo andare”. Questa pandemia ci ha spinto ad un distanziamento estremo, la normalità di oggi non è vera normalità e dobbiamo farlo capire ai ragazzi. Dobbiamo far loro capire che è bene abituarsi a non abituarsi. Il distanziamento sociale deve trasformarsi in un distanziamento socievole. Anche per gli strumenti tecnologici, è fondamentale imparare ad utilizzarli in modo da potenziare le relazioni. E poi i ragazzi hanno bisogno di nuovi punti di riferimento, di sapere che torneranno alla normalità, e che, qualunque sarà la normalità del futuro, ci arriveremo insieme. Con l’inizio della scuola consiglio sempre di concentrarsi su una visione positiva di ciò che è accaduto: agli insegnanti consiglio di chiedere ai ragazzi come hanno vissuto questo momento, permettere loro di far uscire anche la rabbia e la frustrazione, e poi chiedere cosa possiamo fare per rialzarci. Purtroppo ci siamo fatti tutti prendere dall’incertezza e ne abbiamo creata di più, invece di fare fronte comune. Ci stiamo facendo portare via dalla paura invece di dare corpo ai nostri desideri e ai nostri sogni. Ma sono certa che tornare ad interagire, tornare vicini gli uni agli altri, ci renderà anche più tolleranti.

Con quali strumenti didattici potremo affrontare al meglio questo anno scolastico così eccezionale? Soprattutto, come motivare i ragazzi in questo nuovo scenario?

Per studiare l’apprendimento è fondamentale studiarne i suoi fondamenti neuroscientifici. Il cervello riesce a restare concentrato in una attività per non più di 90 minuti. Quindi per prima cosa sono fondamentali mini-sessioni di 45-50 minuti. In più, lo stesso argomento dovrebbe essere affrontato attraverso diversi punti di vista, con supporti visivi, o con l’utilizzo di metafore, usando le mappe mentali per il ripasso, tornando sullo stesso argomento anche a distanza di tempo. E poi niente più lezioni frontali: ti assegno un argomento da studiare e ti faccio immedesimare in esso come se dovessi spiegarlo alla classe. Non più “a domanda rispondo”, ma ad esempio trasformare le interrogazioni in presentazioni di fronte al resto della classe (in presenza o a distanza). Un ottimo modo per superare anche la paura del public speaking. E poi l’utilizzo della tecnica della flipped classroom (classe capovolta): l’apprendimento autonomo da parte di ogni studente, con l’ausilio di strumenti multimediali, che avviene a casa. Con un secondo momento in cui la lezione in aula viene utilizzata dall’insegnante per svolgere una didattica personalizzata orientata alla messa in pratica di ciò che si è appreso, dove la collaborazione e la cooperazione degli studenti sono aspetti centrali. Anche la tecnica del “debate” è molto utile: gli studenti si dividono tra un gruppo che è a favore di una tesi e un gruppo che è contrario, ognuno di loro difende le proprie posizioni e poi si scambiano di ruolo. In questo modo imparano la tecnica del dialogo e riescono ad aggirare i bias di conferma, quel fenomeno cognitivo per il quale le persone tendono a muoversi entro un ambito delimitato dalle loro convinzioni acquisite. Così si costruiscono anche le basi della tolleranza e dell’apertura mentale. «Non puoi insegnare qualcosa ad un uomo, lo puoi solo aiutare a scoprirla dentro di sé», diceva Galileo. Penso che questa dovrebbe essere la didattica del futuro.

Didattica a distanza e didattica in presenza coesisteranno. Cosa ha significato il salto tecnologico obbligato di questi mesi di lockdown, a cui la scuola e il mondo della formazione hanno dovuto adeguarsi? Insegnanti e studenti si sono fatti trovare pronti?

È chiaro che nel 2020 non possiamo più insegnare come si faceva nel 1950. La realtà formativa di questo anno che inizia sarà nuova per tutti, studenti, genitori, insegnanti. Bisogna progettare le attività future sulla base di quello che è accaduto. L’aula non potrà essere sostituita da niente e da nessuno. Ci sono ricerche di neurodidattica che mettono in luce come l’apprendimento sia strettamente connesso alle sensazioni che si provano in un determinato ambiente fisico. L’ambiente è essenziale, così come le modalità di insegnamento. Ci sono tanti strumenti che possono rendere anche divertente l’apprendimento, ad esempio un uso degli smartphone per applicazioni formative. I professori all’inizio del lockdown si sono dovuti trovare a lavorare senza saper usare certi applicativi. Oggi però non c’è più nessuno che non sappia usare Zoom, che non abbia iniziato a prendere dimestichezza con chat, con vari tipi di social. La tecnologia ci aiuta se ci fa capire che dobbiamo educarci ad usarla. Sapere come comunicare in relazione agli studenti, essere flessibili in base allo strumento che utilizzo. Sapere che su TikTok, o Instagram, o LinkedIn la comunicazione è di tipo diverso. Che Instagram, ad esempio, attiva, e che Facebook consolida. Gli studenti hanno tutte le capacità per capirlo, anche gli insegnanti devono comprenderlo.

Andrea Fasulo

Condividi questo contenuto su: