«Si possono offrire agli altri i nostri beni e i nostri spazi mettendoli a frutto economicamente». Così, nel 2015, scriveva la giornalista Gea Scancarello in Mi fido di te, uno dei primi libri sulla sharing economy pubblicati in Italia. «In alcuni casi – proseguiva il saggio – questi servizi modificano le filiere tradizionali che vanno dal consumatore al produttore; in altri creano nuovi mercati di riferimento. Spesso, inoltre, possono cambiare perfino l’idea di comunità». Nata anche in risposta alla crisi del 2008, come soluzione smart e green per servizi comodi e competitivi sui prezzi, l’economia della condivisione ha interessato anche il nostro Paese cambiando le abitudini negli spostamenti, nel modo di fare vacanze, nell’attitudine allo scambio di esperienze. Oggi tuttavia la fiducia, concetto chiave per la sharing economy, si sta confrontando (e scontrando) con la paura delle persone e dei consumatori: l’emergenza coronavirus ha costretto i cittadini ad allontanarsi gli uni dagli altri. Basterà un vaccino, se e quando arriverà, a far tornare tutto come prima?
Airbnb e il licenziamento di 1900 dipendenti
Airbnb, gigante della sharing economy, è una delle multinazionali travolte dal lockdown globale. «In questa crisi mi sono sentito come il capitano di una nave colpita da un siluro» ha dichiarato il CEO Brian Chesky in un’intervista. Una volta scoppiata la pandemia, l’azienda ha subito garantito il rimborso totale delle prenotazioni, stanziando per gli host 250 milioni di dollari utili, però, a coprire soltanto il 25% delle perdite. In una lettera pubblicata sul sito di Airbnb, l’amministratore delegato ha ammesso di non sapere quando il turismo potrà riprendere: motivo per cui è stato costretto a licenziare 1900 dei 7500 dipendenti. In attesa di tempi migliori, intanto, l’azienda ha pubblicato un protocollo per la pulizia e la sanificazione degli spazi.
Condividereste un passaggio in automobile, oggi?
Un altro settore colpito dall’emergenza pandemia è stato quello dei trasporti, tra quelli più rivoluzionati dalla sharing economy negli ultimi anni. Il car pooling era diventato una vera e propria abitudine per migliaia di lavoratori, studenti e pendolari soprattutto nelle grandi città. Il presente e il futuro sono però incerti per giganti come BlaBlaCar e Uber (che ha annunciato il licenziamento di 3.700 dipendenti). La sfida per questi servizi sta in una doppia incognita: da un lato la quantità di persone che torneranno (o meno) a muoversi nelle città – tanti lavoratori ad esempio resteranno ancora a lungo in smart working –, dall’altro la capacità di sanificare i mezzi che passano ogni giorno nella disponibilità di decine di utenti diversi. Il discorso vale anche per monopattini e biciclette in condivisione, mezzi fondamentali per la tutela dell’ambiente, e dunque della salute. Proprio la sostenibilità ambientale che accomuna diverse soluzioni di sharing economy sembra destinata a rimanere nel lungo periodo un punto forte a favore di questa nuova economia condivisa, nonostante la «crisi di fiducia» portata da Covid-19.
Sharing economy: vivere o morire
«In un mondo in cui la pandemia del coronavirus ha trasformato il distanziamento sociale in un nuovo stile di vita, le aziende i cui modelli di business si basano sulla volontà delle persone di condividere il proprio spazio personale sono ora in difficoltà». Così si legge in un articolo dell’Associated Press che prova a far luce sulle possibili soluzioni della sharing economy per le cosiddette Fase 2 e Fase 3. Insomma, c’è spazio per questi servizi nella nuova normalità? «Le piattaforme di sharing economy – ha dichiarato all’AP Erik Gordon, professore della Ross School of Business dell’Università del Michigan – devono affrontare un ostacolo maggiore rispetto ad altri player probabilmente per la prima volta dopo anni».
Nel breve periodo i numeri sembrano emettere una sentenza di condanna, ma alcune previsioni di ampio respiro per il prossimo decennio indicano una possibile ripartenza del settore. Il 7 maggio è stato pubblicato un report che, alla luce della pandemia e dei suoi effetti sui servizi di condivisione in tutto il mondo, conferma comunque uno scenario di crescita «significativa» per la sharing economy tra il 2020 e il 2027. Se è vero che nulla sarà come prima, le incognite del settore possono essere trampolini di lancio per offrire servizi innovativi basati su fiducia, sostenibilità e condivisione.
Dopo mesi di lockdown, ad esempio, l’esperienza della scuola a distanza e della formazione online potrebbe far nascere nuove piattaforme di condivisione del sapere per distribuire contenuti e informazioni a studenti e professionisti. Una cosa sembra certa: il bisogno di condivisione continuerà ad essere presente nelle nostre società e, prima o poi, si potrà tornare a farlo senza i limiti imposti dal distanziamento sociale. È dunque ragionevole pensare che – con o senza Airbnb, Uber e gli altri big player del settore – la sharing economy sarà ancora protagonista nelle comunità del futuro.
Alessandro Di Stefano