Rigassificatori galleggianti: un’alternativa al taglio del gas russo

23-06-2023 | News

Di Chiara Vianello

La diversificazione delle forniture energetiche è un punto fondamentale, soprattutto in un contesto geopolitico così complicato come quello della guerra in Ucraina

Picture of Shaah Shahidh on Unsplash

In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo a causa del protrarsi del conflitto tra Russia e Ucraina, che ha privato l’Europa di una delle sue fonti principali di approvvigionamento del gas naturale, merita rilevare il ruolo pivotale che Mosca ricopriva per l’Europa, esportando il 41% del metano di cui il Vecchio Continente aveva bisogno. Da qui un evidente problema di diversificazione delle forniture.

Poter contare su forniture flessibili e diversificate provenienti da altre aree geografiche del globo potrebbe risolvere la situazione contingente e anche, almeno da un punto di vista geopolitico, dare un contributo fondamentale all’indipendenza energetica per i Paesi europei. A tal fine, la via che molti Paesi europei stanno seguendo è quella di installare rigassificatori galleggianti – o in inglese Floating Storage and Regasification Units (FSRU).

Indubbiamente l’utilizzo del Gas Naturale Liquefatto (GNL) ha costi maggiori del gas trasportato dai gasdotti esistenti in quanto richiede l’utilizzo degli impianti di liquefazione all’origine, il trasporto via mare e quindi i rigassificatori, che riportano allo stato gassoso il gas in forma liquida, per l’immissione in rete. Tuttavia, questo sistema risulta più economico rispetto all’approvvigionamento via gasdotto quando il fornitore è molto distante (< 4000 km) e non può essere interconnesso attraverso pipeline: intervento che peraltro richiederebbe molti anni per la sua esecuzione.

Per l’Europa forniture alternative via GNL potrebbero giungere, oltre che dagli USA, anche da altre aree geografiche quali paesi mediorientali, Congo e Venezuela. In Italia, per esempio, il potenziamento del numero dei rigassificatori e la loro dislocazione in punti strategici del territorio costiero nazionale, potrebbe permettere una maggiore diversificazione dei fornitori e far diventare il nostro Paese, anche grazie alla rete dei gasdotti nazionale che è interconnessa con la rete europea, un hub strategico per la politica energetica non solo nazionale, ma dell’intera UE.

Ad oggi, esistono sul mercato tre tipologie di rigassificatori, ognuna delle quali presenta vantaggi e svantaggi, come tutte le diverse soluzioni tecnologiche e in Italia sono in servizio tutte e tre queste soluzioni:

  • Impianti onshore, quindi sulla terraferma come quello di Panigaglia;
  • Impianti offshore, come quello di Porto Viro, in provincia di Rovigo, realizzato con tecnologia GBS (Gravity Based Structure) ,cioè non galleggiante ma collocato su una piattaforma;
  • Impianti offshore FSRU (Floating Storage and Regasification Units), ovvero unità galleggianti di rigassificazione come quella di Livorno e quelle nuove di Piombino e Ravenna.

Nell’attuale contesto di crisi, la strategia messa in atto dai principali Paesi europei, al fine di avere risposte in tempi brevi, è stata quella di puntare verso i rigassificatori galleggianti FSRU, costituiti da una metaniera trasformata per ricevere il GNL e riportarlo allo stato gassoso attraverso un impianto di rigassificazione allocato all’interno dello stesso scafo. I rigassificatori galleggianti FSRU sono dotati di un particolare sistema di ancoraggio e di un sistema di scarico del GNL per trasferimento diretto, tramite bracci di carico di tipo offshore, da navi metaniere affiancate ed ormeggiate al terminale. Il GNL, immagazzinato nei serbatoi del rigassificatore galleggiante, è successivamente inviato nel modulo di rigassificazione, dove viene riportato allo stato gassoso mediante scambio termico con acqua di mare, usando a volte propano come fluido intermedio. Il metano allo stato gassoso, attraverso condotte flessibili, viene inviato nella condotta sottomarina che lo collega alla rete dei gasdotti nazionale.

Chiara Vianelli è Professore Associato al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova

L’articolo è stato pubblicato in data 20 giugno sulla Newsletter di Rienergia

Share this content on: